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Escursione a Roghudi

mercoledì 02 settembre 2009

Fino a poco tempo fa non avrei mai potuto pensare che la Calabria e, ancor di piu', la provincia di Reggio, potesse offrire cosi' tante occasioni per comprendere le radici di chi vive in questi posti.

Sono convinto che non sia tuttora facile venire a sapere che realmente ci sono molte possibilita' per conoscere la storia di questo lembo di terra del Sud. Ma dopo l'esperienza che mi accingo a descrivere in questo articolo, penso che 'chi sa' deve parlare!'. Perche' cio' e' necessario per svegliare l'interesse popolare verso questo passato sotterrato, e quindi per tracciare la linea di partenza per il riscatto di un popolo troppo spesso depradato della sua dignita'.

E' stato il Paleariza a spingerci verso un viaggio di cui abbiamo ignorato il fascino fino a quando non l'abbiamo realmente cominciato a vivere.

Il Paleariza e' un appuntamento annuale che si ripete nell'area grecanica della provincia di Reggio Calabria per promuovere le origini, la cultura e le tradizioni della popolazione del luogo. L'area grecanica e' individuata dai comuni in cui si parla (o, per lo meno, si e' parlato fino a non molto tempo fa) il grecanico, che e' un dialetto greco-calabro diffusosi in tali zone per via dell'insediamento in tempi antichi di colonie di nobili famiglie greche.

Roghudi e' uno dei paesi dove si e' svolta una tappa del Paleariza. Sorgeva su un cucuzzolo in corrispondenza del punto in cui il torrente Furria si getta nell'Amendolea, dandogli la sembianza tipica della prua di una nave. La particolarita' di questo paese e' che e' stato dichiarato inagibile nei primi anni settanta a seguito di due alluvioni. La gente e' stata quindi coattivamente spostata in un area ricavata sul mare, nel comune di Melito Porto Salvo, dove attualmente sorge il centro abitato di Roghudi.

La nostra escursione e' partita in un pomeriggio torrido d'estate, da Amendolea. Da li' abbiamo intrapreso un sentiero che ci ha portati nel larghissimo letto dell'omomima fiumara. Un paesaggio per certi aspetti lunare e per altri da far west. E comunque carico di fascino ed esente dall'impronta umana, se non per un sontuoso muro di contenimento delle acque, che abbiamo scorso presto lungo la risalita del letto della fiumara. Il ragguardevole spessore del muro che puo' essere osservato e la mancanza di gran parte di esso, puo' far rendere conto di quanto violenta possa essere la furia delle acque che talvolta scende dall'Aspromonte.

Il letto dell'Amendolea e' una distesa di massi enormi di pietra e di roccia che vengono portati sempre piu' a valle dalle piene della fiumara. Ci e' stato spiegato a tal proposito come questo fondo costituito da grossi ammassi rende la fiumara in piena una trappola mortale, visto l'impossibilita' di rimanere in piedi durante la piena, non tanto per la furia delle acque, quanto per l'assenza di un fondo stabile. I torrenti che scendono dall'Aspromonte hanno spesso questa peculiarita' (e per questo sono chiamate 'fiumare') e la causa di questa caratterististica che li distingue risale ai tempi dei Romani quando buona parte del territorio calabrese fu dichiarato 'ager publicus'. Grazie a cio' molte pendici delle montagne calabresi furono disboscate selvaggiamente. Venendo meno l'azione delle radici degli alberi - che inibiscono il distacco di massi dalle pendici delle montagne, i letti dei torrenti cominciarono a riempirsi di detriti che, con il tempo, furono trasportati al mare dai corsi d'acqua. Questo continuo trasporto di detriti ha permesso anche la formazione di pianure costiere e il lento ritiro del mare, che un tempo si insediava tra le montagne. La stessa valle dell'Amendolea era navigabile fino al punto dove un tempo dei coloni greci si stabilirono sul sovrastante colle, per dare vita a Roghudi.

Risalendo il letto dell'Amendolea abbiamo potuto notare i resti del Castello dell'Amendolea sulla nostra destra, e le impervie pendici dei colli che racchiudono la valle, che mostrano delle insperate tracce della mano dell'uomo che a tratti le ha anche sfruttate, costruendo delle terrazze.

La prima tappa, dopo qualche ora di cammino sotto un sole cocente, si e' conclusa all'ombra di qualche albero di fico che si erge ai margini del letto della fiumara. Qualcuno ne ha approfittato per fare una scorpacciata. Io ne ho assaggiato qualcuno. Gli zuccheri contenuti nei fichi ci hanno dato la giusta energia per ripartire. L'acqua fresca e pura del rigagnolo che scorreva nel letto della fiumara ci ha permesso di rinfrescarci (e lavarci le mani appiccicose per aver mangiato i fichi! :-D).

Piu' su l'Amendolea forma una doppia esse che ha solo potuto farci immaginare l'impeto delle acque quando la fiumara in piena attraversa quel tratto. Sulla cima del colle sovrastante, a circa 950 metri di altitudine, si scorge Roccaforte del Greco, unico paese a cui Roghudi era stato collegato con vie di comunicazione moderne, poco prima di essere evacuato.

Infine, ancora qualche tornante, quando finalmente, dopo circa una decina di chilometri di cammino, riusciamo a vedere la prua della nave. Qualcuno cerca di spezzare il silenzio con delle grida che ricevono risposta solo dagli echi delle pareti circostanti. E gia' si avverte la sensazione di sofferenza dell'abbandono improvviso e senza alternativa. Quindi ci inerpichiamo su per lo scivolo che ci accompagna al paese antico. Erbacce e terrapieni crollati rendono particolarmente impervia a tratti la risalita.

Lungo la via incontriamo un nostalgico abitante roghudese, venuto in occasione del Paleariza, a sfogliare l'album dei suoi ricordi. In pochi siamo rimasti la' ad ascoltarlo, quasi senza fare domande. Ma lui era la fiumara d'inverno. E faceva scorrere i suio ricordi con violenza e rassegnazione verso il mare della dimenticanza. E io ho provato dentro me che non ci puo' essere nulla di piu' ignobile che far cadere nell'oblio la storia delle persone.

Qualche respiro profondo e poi ancora su fino alla piazzetta dove era stato allestito un accoglientissimo banchetto dove tutti, come un'unica famiglia, abbiamo potuto assaggiare le prelibatezze che la semplicita' della gente di Roghudi riesce a regalare. Frittole, olive speziate sott'olio, capicollo, formaggi di capra, salsicce, buon vino e tanto altro ancora.

A fine serata uno spettacolo musicale veramente pregevole. Qualcuno ha mai visto il film Underground di Kusturica? La musica dei Fanfara Populara - ospiti della serata - si rifa' in linea di massima alla colonna sonora di Underground, ovvero alle musiche balcaniche di Goran Bregovic. Una giostra trascinante di percussioni e fiati, tra cui il suono stridente della zampogna che a Roghudi era uno strumento musicale popolare, visto che la pastorizia era la principale attivita di questo centro.

Muniti di pile e di torce abbiamo concluso questa fantastica giornata per le vie di quel paese che in una notte d'estate e' tornato a vivere. E l'auspicio nel profondo di ognuno e' che possa essere un piccolo contributo per far si' che questo centro possa ritornare per sempre nella memoria.

Una curiosita', per tornare al punto dove l'escursione e' iniziata, e' stato messo a disposizione un pullman. L'unica particolarita' e' che, essendo Roghudi Vecchio evacuato da 40 anni or sono, la strada che porta all'unico centro abitato (Roccaforte del Greco) raggiungibile, e' completamente dissestata, oltre ad essere costeggiata da strapiombi e interrotta da ripetute frane. Ne e' conseguito che il viaggio di ritorno e' stata una avventura nell'avventura. Due ore di pullman e 27 chilometri percorsi per raggiungere un posto che in linea d'area ne dista appena sette!

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