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I cento passi

domenica 07 febbraio 2010

Una storia, quella di Peppino Impastato, che mi e' semplicemente piaciuta finche' il film 'I cento passi' e' stata l'unica fonte da cui avevo attinto notizie circa il protagonista.

Una notte d'estate di non molto tempo fa poi, mi e' capitato di seguire per intero una puntata della trasmissione di Rai Educational 'La storia siamo noi' di Giovanni Minoli (Peppino Impastato - Omicidio di mafia). Probabilmente si trattava solo di una ripetizione (visto i decenni che sono trascorsi da quando Peppino Impastato e' stato ammazzato - 9 maggio 1978), ma sono rimasto incollato a seguirla tutta fino alla fine. E piu' la trasmissione andava avanti, piu' riscontravo che il film non e' altro che il racconto della verita', cosi' come Giovanni Minoli l'ha ricostruita nel suo reportage.

Alla fine ero quasi incredulo dalla terribile fedelta' del film di Marco Tullio Giordana, alla realta'. E ancora di piu' non posso credere come una storia di coraggio e di integrita' morale di questo spessore, abbia rischiato di essere sotterrata dalla malvagita' di uomini amorali che hanno nella violenza (in tutte le forme in cui essa puo' essere espressa) l'unico strumento per rapportarsi con i propri simili.

Questo film ha rivelato un aspetto meno conosciuto del cinema, ovvero quello di portare a galla verita' e relegare loro sul gradino della storia che gli spetta. E io penso che I cento passi abbia immortalato nella storia, quell'Italia che giorno dopo giorno sopperisce sotto i colpi bassi della malavita e di chi la favorisce, come quei cittadini che abbassano la testa di fronte a chi alimenta le malvivenze, quell'imprenditoria che si soggiace a logiche di guadagno spregiudicate e quella classe politica che asseconda i bisogni legislativi delle mafie.

Proprio per questo mi prodigo a divulgare questo film: perche' chiunque lo guardi possa realmente carpire che da ognuno di noi puo' partire un segnale di risveglio per ritrovare quei valori che appartengono ad una societa' civile, come dovrebbe essere quella del Sud e dell'Italia in generale.

La trama racconta di un personaggio che da' un senso alla propria vita perseguendo, senza mai smettere un solo secondo, valori che si sono delineati sempre in modo piu' chiaro a partire da una serie di esperienze che si sono verificate nella sua infanzia. E da questo si evince un aspetto piu' sottile che astrae l'invito alla denuncia che e' evidente per tutto il film. Ovvero quello di dare una sferzata alla propria vita senza viverla passivamente. Coltivare dei valori degni della vera natura dell'essere umano e lottare affinche' questi possano crescere e dare fascino alla vita della persona.

Si tratta di Peppino Impastato, ottimamente interpretato da Luigi Lo Cascio, che vive a Cinisi, a soli 'cento passi' dalla casa del boss del paese, Tano Badalamenti.

La storia di Peppino Impastato insegna che cio' puo' accadere anche se si ha la sfortuna di crecere in un ambiente ostile come quello della Sicilia degli anni '60-'70. Anche se non prescinde dalla presenza di persone cardine per la crescita nell'individuo. E non esclude che tra queste possono esserci persone che hanno valori lontani da quelli a cui ogni uomo dovrebbe aspirare.

Tra i primi, non puo' non saltare all'occhio la presenza costante e mai oppressiva di Felicia Bartolotta Impastato, mamma di Peppino, e quella del pittore comunista Stefano Venuti. Entrambi hanno permesso a Peppino di trovare i capisaldi attorno al quale la sua vita si sarebbe poi imperiniata. Tra i secondi, il film sembra annoverare lo zio capomafia Cesare Manzella e il padre Luigi. Ma e' proprio l'omicidio mafioso dello zio (ucciso in un agguato nella sua Giulietta imbottita di tritolo nel 1963) che scuote la giovane coscienza di Peppino. Ed e' proprio la completa sudditanza del padre nei confronti di Tano Badalamenti e delle professate culture mafiose che pervadono l'ambiente, che lo motivano e lo portano ad affinare quei valori di legalita' per cui oggi lo ricordiamo.

La corruzione dello Stato, rappresentato dalle forze dell'ordine che palesemente deviano le indagini verso piste per nulla plausibili, e' l'aspetto piu' triste, che da' meno forza al messaggio che il resto del film trasmette. Ma e' controbilanciato dalla partecipazione spontanea di numerosi giovani ai funerali di Peppino, che rida' tono al messaggio di speranza mai morta, e che oggi puo' ancora crescere grazie a storie come questa.

Riporto di seguito una delle scene che preferisco (La recitazione da parte di Peppino bambino de L'infinito di Giacomo Leopardi, ad un pranzo in onore dei parenti americani tornati in Sicilia).

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