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Sanremo 'trash' 2010

giovedì 25 febbraio 2010

Questa edizione del Festival era partita molto meno male di come poi si e' rivelata. Si' perche', anche se povero di contenuti gia' dalla prima serata, il testo di qualche canzone partecipante mi aveva colpito.

Tra me e me ho pensato che in fondo il Festival e' una buona occasione per noi italiani per staccare veramente la spina dalle mille contraddizioni e contrapposizioni che oggi come oggi ci stanno asfissiando. E nello stesso tempo e' una buona occasione per ricordarci dell'italianita' che ci accomuna e di attaccarci un po' di piu' ai valori propri di una nazione.

Una presa di coscienza in tal senso sicuramente puo' dare una grossa mano ad affrontare problemi in cui ci siamo impantanati. E per questo mi e' piaciuta la canzone di Nino D'Angelo e Maria Nazionale che fa anche un esplicito riferimento alla Salerno-Reggio Calabria ("...Simmo 'o specchio e n'autostrada ca nun vonno maie ferni'..."), e quindi in un certo qual modo ai problemi che dobbiamo risolvere per essere veramente un'unico paese. Peccato che l'opera di sensibilizzazione di questi artisti italici non abbia sortito un effetto positivo su determinati rappresentanti leghisti (Zaia: "Par condicio dei dialetti a Sanremo").

Poi c'e' stato Antonio Cassano che si e' mostrato in una veste indiscutibilmente naturale. In un certo qual modo, anche questo potrebbe essere un bel messaggio per un popolo che deve cambiare. Il Cassano scapestrato che tutti abbiamo conosciuto, oggi e' un giovane modello. Amore incondizionato per la mamma, impegno totale per perseguire degli obiettivi importanti e la consapevolezza del matrimonio e della famiglia come base per costruire un avvenire. Anche questo puo' far bene all'Italia. A dare una dritta a quell'esercito di bamboccioni che sono oggetto dell'ira di taluni politici che si scaglia indistintamente da destra e da sinistra.

Peccato pero' che il tutto venga vanificato da messaggi che hanno un effetto uguale e contrario. Il 'modello Cassano', infatti, esclude la cultura come strumento di cui ognuno dovrebbe dotarsi per migliorare la nostra societa' (Cassano afferma fieramente che nella sua vita ha letto meno libri - uno - di quanti ne abbia 'scritti' - due).

Tutto sommato, pero', la migliore nota che ho potuto leggere nella prima serata e' stata lo spogliarello di Dita von Teese. Veramente armoniosa nei sui movimenti e molto sexy in ogni sua posa. Le curve accentuate non disturbano anzi risaltano la naturalezza di una donna che ha saputo far parlare il linguaggio del corpo femminile, senza far ricorso alla volgarita' - come sempre piu' soventemente accade.

In generale, mi e' parso che gli ospiti femminili abbiano avuto nel complesso un maggior peso in tutto l'arco del Festival. Dalle presenze della principessa Rania a quella di Jennifer Lopez, passando per il balletto del Moulin Rouge e Susan Boyle. Ma poi anche la stessa Antonella Clerici e il ripetuto richiamo alle sue colleghe della televisione. Tutto cio' ha dato un tocco di femminilita' marcata, svelando aspetti che ognuno indistintamente dovrebbe far propri e impiegare per affinare e rendere piu' nobile il proprio animo.

Restando in tema di femminilita', c'avrei scommesso che sarebbe stato anche dal punto di vista del concorso, un Festival al femminile. Noemi, Malika Ayane e Irene Grandi hanno presentato dei testi molto profondi o anche solo delle belle melodie.

Un po' per la mia convinzione e un po' per il disgusto di veder ripescati dal televoto personaggi che per me erano stati meritatamente esclusi - come Valerio Scanu e il trio di Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici, che comincia ad consolidarsi l'idea di un Festival 'trash', che culmina con un'ultima serata, a dir poco agghiacciante.

Antonella Clerici mostra il peggio di se' con i suoi discorsi preparati e sistematicamente dimenticati. E non solo! La finale premia quello che il popolo (del) sovrano ha eletto tramite telefonino, anche persino lasciando un dubbio piu' che legittimo dentro buona parte degli Italiani sull'attendibilita' dei risultati. Ma soprattutto senza tener conto ne' delle qualita' canore degli artisti ne' dei testi delle canzoni in gara. E infine, i fischi della platea quando si e' cercato di dare un po' di spessore alla manifestazione, ricavando uno spazio per temi di attualita' che diversamente non riescono a trovare l'eco che si meritano.

Mi viene da pensare che questo Festival sia stato solo la foto della naturale involuzione di un popolo masochista che prova piacere a subire i modelli appariscenti e senza succo che l'ambiente impone, mettendo la testa sotto la sabbia per sottrarsi alla responsabilita' di prendere decisioni, che comportanto sforzi che mai verranno ripagati... se non verranno mai fatti.

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