Home Page di Graziano Scappatura
Loading

Il 'buon senso' del MIUR

giovedì 10 marzo 2011

Un albo e' uno strumento istituito per tutelare la qualita' delle attivita' svolte dai professionisti che vi appartengono. Allo stesso tempo l'albo tutela la categoria professionale e il codice deontologico che regola la professione.

In Italia esistono una varieta' di albi professionali. L'albo dei notai, dei chimici, degli avvocati e via discorrendo.

Erano anni che gli informatici aspettavano un albo. Logicamente era pure concepibile che una professione che molti ritengono impropriamente di poter esercitare, venisse regolata e protetta nella tutela soprattutto di coloro devono ricorrere a soluzioni informatiche che debbanno soddisfare requisiti propri di una disciplina ingegneristica.

Alla fine e' arrivato solo un compromesso che, se lo si analizza a fondo, tale non e'. E ancor di meno lo e' alla luce dei soprusi - argomento centrale di questo articolo, che il MIUR (Ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca) sta perpretando nei confronti di una parte degli informatici.

Nel 2001 l'allora Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi ha decretato la riforma delle professioni (DPR 328/2001). In particolare, sono stati riorganizzati gli albi professionali, ridefinendo la loro struttura e stabilendo i titoli necessari per l'accesso.

In sostanza, ogni albo e' stato suddiviso in sezione A e sezione B. Alla prima possono accedervi solo coloro che sono in possesso della laurea specialistica. Mentre alla seconda possono accedervi quelli che detengono una 'laurea' triennale (si notino bene gli apici posti ad enfatizzare l'inopportunita' del termine usato per indicare il titolo tra di essi contenuto! :-|| ) (*).

Per quanto riguarda gli informatici, all'articolo 47 del suddetto decreto, e' previsto che al settore dell'informazione dell'albo professionale dell'ordine degli ingegneri sezione A, possano accedervi coloro che sono in possesso della laurea specialistica classe 23S - Informatica.

Non sarebbe poi da considerare un cattivo risultato per gli informatici che si vedono dal nulla, a poter accedere ad un albo professionale, sebbene in condivisione con una categoria che difatti e' caratterizzata da una preparazione accademica che ben si distingue dalle scienze dell'informazione, o che quanto meno non approfondisce l'aspetto scientifico del trattamento dell'informazione nella misura in cui invece si occupa dell'aspetto progettuale di sistemi che permettono lo scambio di informazione.

A giustificare quanto detto si puo' ricorrere alle definizioni delle due discipline recuperate da una fonte oramai considerata condivisibilmente autorevole, quale Wikipedia:

Le scienze dell'informazione sono lo studio dei fondamenti teorici dell'informazione e dell'elaborazione, e delle tecniche pratiche per la loro implementazione e la loro applicazione nei sistemi di calcolatori.

L'ingegneria informatica e' una disciplina che integra diversi campi dell'ingegneria elettrica e delle scienze dell'informazione richieste per sviluppare i sistemi di calcolatori.

L'ingiustizia si completa dall'interpretazione del decreto DPR 328/2001 da parte del MIUR che attraverso la nota n. 2126/2002 asserisce che i laureati in Scienze dell’Informazione e in Informatica non possono accedere all’esame per la professione di ingegnere.

Il 19 Gennaio 2004 pero' puo' essere ricordato come il giorno in cui i laureati in Scienze dell’Informazione e in Informatica si sono fregiati di una prima vera vittoria rispetto a questa discriminazione.

Il TAR della Puglia accoglie (sentenza 635/2004) il ricorso presentato dal dott. Rocco Ciardo, laureato in Scienze dell'Informazione, che apre difatti anche ai laureati in Scienze dell’Informazione e in Informatica le porte per poter accedere all'esame di stato per l'accesso al terzo settore dell'ordine degli ingegneri.

Tuttavia, la sentenza emanata dal TAR della Puglia, a seguito del ricorso, consente pero' soltanto a colui che lo ha vinto di godere di questi privilegi, senza effetto alcuno sul DPR 328/2001 e sue interpretazioni da parte del MIUR.

In seguito, il DM 270/2004 ridefinisce, tra l'altro, i nomi dei titoli che le universita' sono atti a rilasciare. In particolare, la laurea specialistica cambia nome in laurea magistrale. Ma nella sostanza nulla cambia. Inoltre, segue il Decreto Interministeriale 5 maggio 2004 che sancisce l'equipollenza delle lauree in Scienze dell'Informazione e Informatica con la laurea specialistica 'classe 23S - Informatica'. Tale equipollenza e' pero' esplicitamente dichiarata valida nel suddetto decreto 'ai fini della partecipazione ai concorsi pubblici'.

Seguono altri ricorsi isolati accolti (e.g.: sentenza del TAR del Veneto n. 4116/2005) ma che non cambiano difatti le condizioni di accesso all'albo.

Di questo ho potuto prendere personalmente coscienza nel 2008, quando ho presentato la domanda per la partecipazione all'esame di stato per l'abilitazione alla professione di ingegnere, settore dell'informazione. La risposta alla richiesta di parere inviata dalla mia universita' al MIUR, con DR 3991/2008, riporta:

questo Ufficio ritiene che le intervenute sentenze del TAR Puglia n. 635/2004 e del TAR Veneto n. 4116/2005 non modifichino l'interpretazione fino ad ora seguita nell'applicazione delle norme di cui al DPR 328/2001 gia' indicata con nota di questo Ministero n. 2126/2002.

Nel 2010, l'ALSI (Associazione nazionale Laureati in Scienze dell'Informazione ed Informatica) pubblica, attraverso il suo sito, la notizia della sentenza n. 8046/2010 del TAR del Lazio che annulla la circolare del MIUR n. 2126/2002, permettendo difatti l'accesso all'ordine degli ingegneri sia ai laureati in Scienze dell’Informazione che ai laureati al vecchio ordinamento di Informatica (Ordine degli ingegneri accessibile anche ai laureati del vecchio ordinamento grazie ad una sentenza del TAR).

Tuttavia, non tarda ad intervenire il Consiglio di Stato che con l'ordinanza n. 4229/2010 sospende, in via cautelare, gli effetti della sentenza n. 8046/2010 del TAR del Lazio.

Il significato del verbo 'sospendere' lascia ben sperare agli informatici profani in materia giurisdizionale, che verra' un giorno in cui qualche organo costituzionale competente esaminera' la sentenza del TAR del Lazio e si pronuncera' in merito alla legittimita' di dare l'accesso anche ai possessori della laurea in Scienze dell'Informazione e Informatica, ante DM 509/1999, al settore dell'informazione dell'albo professionale dell'ordine degli ingegneri sezione A.

Nel frattempo, prendendo atto che ci si trova in Italia, si puo' decidere di non pensarci troppo oppure, trovando quantomeno anomalo (**) questo dilungarsi su situazioni dove va evidentemente ristabilita l'equita', si puo' diffondere il proprio sdegno.

L'Italia si togliera' la scarpa

sabato 17 aprile 2010

Garibaldi nella sua tomba e' gia' da un pezzo che stara' dando segni di insofferenza. Gli Italiani invece ancora no. Mi riferisco a quelli che sono a favore dell'Italia unita come la storia l'ha disegnata. Si, perche' gli altri invece - almeno quelli che sono consapevoli di cio' che sta avvenendo - staranno sogghignando in attesa che qualcosa di palese e corrispondente alla loro immaginazione, si compia.

Leggo oggi - e ho quindi la conferma - che quello che tanti sospettano, e' una verita' che si sta perpretando alle spalle di tante persone che vivono all'ombra dell'ottimismo che oggi viene da piu' parti profuso. O, viceversa, all'ombra di un malessere imposto che non da' spazio alla visione dei problemi al di la' di poche decine di centimetri del proprio campo visivo.

Mi riferisco ad un isolamento progressivo. Quello che oramai e' visto come un pezzo incancrenito della nostra Italia: la Calabria, e forse anche le zone ad esse attigue.

Per rendere piu' chiaro quello che voglio dire, riporto l'articolo intitolato 'Arance made in Italy (o quasi)' de 'Il Fatto Quotidiano' di oggi.

Sono rammaricato da come le risorse piu' belle che questa terra possiede vengano lasciate svalorizzarsi, incuranti del benessere che possano portare per la Calabria e per l'Italia tutta.

Gli aranceti, tra queste, sono gia' saltati agli onori della cronaca per i fatti di Rosarno di qualche mese fa. Ma forse in pochi hanno capito che la causa alla base di questi episodi incresciosi sono da ricercarsi nella caduta del valore delle arance della Calabria. Non certo del cuore immenso dei cittadini onesti che vivono di agricoltura a Rosarno. Molti meno sono consapevoli che le responsabilita' dell'essere arrivati a questa situazione sono chiare e non sono da ricercarsi tra gli agricoltori che non sanno dare valore al proprio prodotto.

Luigi Marino, di cui ho avuto difficolta' a trovare notizie in rete oltre la carica che attualmente ricopre ovvero presidente di Confcooperative (ndr: per il resto si e' guardato bene dal preservare la propria privacy professionale.. :-||), nell'articolo sopra citato afferma, indegnamente o obiettivamente, che il succo delle arance calabresi non puo' essere parte dei succhi di arancia che arriva al consumatore.

Sara' anche vero. Ma perche' il ministro delle Politiche Agricole non riesce a dare delle linee guida per riconvertire le colture della nostra Calabria affinche' si ritorni presto ad essere di nuovo protagonisti di questo mercato? Perche' lascia che questo mercato ci venga tranquillamente sottratto da concorrenti esteri che portano i loro prodotti da migliaia e migliaia di chilometri di distanza dall'Italia e da paesi che non sappiamo nemmeno a quali regole di lavoro soggiacciono?

Beh! Se andiamo ad indagare piu' da vicino chi era il nostro ministro ai tempi dei fatti di Rosarno, ci accorgiamo che si trattava di un certo Luca Zaia, leghista, che si e' occupato prevalentemente (per non dire esclusivamente, come si puo' vedere dal sito del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali) di fatti che piu' da vicino interessano il settentrione d'Italia.

Oggi, Luca Zaia ha 'abdicato' in favore di Giancarlo Galan (viceversa, Zaia siede alla poltrona di governatore del Veneto che era in precedenza occupata da Galan). E dalle prime battute di questo mandato la musica non sembra - prevedibilmente - essere cambiata.

Ma la Calabria ha altre risorse, fortunatamente. Il turismo, ad esempio. Peccato pero' che ovunque si vada a cercare un ente che possa aiutare l'Italia a rimanere unita, si trovano persone che il senso dell'unita' non ce l'hanno nemmeno lontanamente nella propria immaginazione.

Il Ministero del Turismo (di cui ad oggi non e' noto il sito ufficiale) e' capitanato da Michela Vittoria Brambilla. Di questa persona, quello che mi e' rimasto impresso e' senz'altro una puntata di Ballaro', subito dopo il suo insediamento, in cui da un suo scontro verbale con Ignazio Marino, non e' venuta fuori alcuna intenzione di operare a fin di bene per il turismo del Sud.

Men che meno mi ha convinto il suo compaesano (ndr: entrambi sono nati a Lecco) nonche' viceministro del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Roberto Castelli che si e' esibito piu' volte in show agghiaccianti di uomini di governo che parlano solo a favore della propria regione di appartenenza, sia in materia di turismo:

che non:

E' giusto allora che ciascun Italiano che vuole un'Italia unita, indaghi per scoprire se e' stato ingannato o se si e' responsabilmente distratto da un dovere che accomuna tutti quelli che la pensano come lui. Possibilmente presto. Prima che l'Italia decida di togliersi la scarpa.

Rosarno e gli immigrati

sabato 09 gennaio 2010

Rosarno non e' l'unico posto in cui le condizioni sociali di immigrati extracomunitari africani che vengono in Italia per migliorare il proprio tenore di vita, sono drammatiche. E la cronaca potrebbe darci molti esempi a conferma di cio'. E' gia' successo anche che si sono verificati dei fatti di violenza laddove le condizioni di vita di questa gente si dimostrata essere realmente precaria. Ma Rosarno e' un caso che merita una trattazione a parte.

Queste disparate colonie di extracomunitari arrivano a Rosarno per un ben individuato periodo dell'anno e per delle altrettante chiare ragioni. Tale periodo corrisponde con la raccolta degli agrumi (mandarini prima e arance poi), di cui la Piana di Gioia Tauro e' ricca, e la ragione e' la possibilita' di lavorare in questa attivita' per trarne sostentamento.

Penso che il movente della 'questione di Rosarno' possa essere individuato nei disagi dei Rosarnesi. Disagi che non hanno niente a che fare con l'intolleranza in se'. Anche se la prima cosa che viene da pensare e' proprio una vicenda di razzismo. E non nego di averlo pensato anch'io. Io che sono nato e ho vissuto quei posti e che spesso ho pensato erronamente che un Calabrese possa essere razzista con un Africano almeno quanto un leghista possa esserlo con un Calabrese.

Ma la realta' e' tutt'altra, appunto. E' da ricercarsi nella fragilita' dell'economia agricola di cui vive buona parte della Calabria. Una fragilita' che viene sempre piu' alla luce man mano che i tempi delle 'vacche grasse' tendono a rimanere solo un ricordo di un tempo in cui si e' cristallizzata una mentalita' assistenzialistica che oggi rappresenta una grande trappola nelle realta' come quelle di Rosarno.

Faro' riferimento a piccole aziende a conduzione familiare perche' realmente da quelle parti non ci sono grandi realta' imprenditoriali che lavorano nel settore e, in definitiva, tali sono la maggior parte delle imprese che operano in questo contesto.

Le arance non sono mai stato un affare per coloro che le producono (ma, sono da ritenersi senz'altro una fortuna per tali persone, rappresentando una fonte di sostentamento che li ha verosimilmente preservati dall'emigrazione). In sostanza, la produzione e' stata sempre cosi' elevata che se tutte le arance prodotte venissero immesse sul mercato, le arance avrebbero prezzo pari a zero. Per non mortificare questo mercato lo stato, attraverso l'AGEA (AGenzia per le Erogazioni in Agricoltura , un tempo nota come AIMA - Azienda di Stato per gli Interventi nel Mercato Agricolo), interviene con delle politiche che prevedono di dare un contributo agli imprenditori per le arance raccolte, quando il mercato e' saturo. Chiaramente il contributo che lo stato decide non deve essere tanto alto da incentivare gli imprenditori a produrre ulteriori quantita' di arance, ne' tanto basso da indurre tante aziende agricole alla chiusura.

Fin quando dalle mie parti c'era la manodopera locale disposta a lavorare negli agrumeti per la racconta delle arance per una paga che permetteva anche all'imprenditore di trarci anche un piccolo reddito, il sistema funzionava abbastanza bene, garantendo delle ricchezze accettabili alla popolazione. Nel tempo, pero', lo stato ha sempre pagato meno le quote per le arance acquisite come pure sempre meno gente e' disposta a lavorare nella raccolta degli agrumi per retribuzioni che si sono dimostrate sempre piu' inadeguate.

Ecco che, in questo contesto, propizia si e' rivelata la presenza degli extracomunitari Africani che sicuramente - venendo da paesi molto piu' poveri della Calabria - non avrebbero rifiutato lavori di questo tipo per paghe che - agli occhi loro - erano dignitose.

Oggi gli onesti imprenditori agricoli calabresi non riescono a fare reddito da queste attivita'. Men che meno hanno la possibilita' di rendere dignitose le condizioni di vita dei poveri extracomunitari che vengono a guadagnarsi da vivere onestamente negli agrumeti di Rosarno.

L'impossibilta' (...) di avere voce attraverso chi li rappresenta che e' causa di una pressione sugli extracomunitari. E diventa, a sua volta, la causa di una rivolta che i media indicano frettolosamente come un rigurgito razzista della popolazione di Rosarno.

E non fanno bene nemmeno quando additano la 'ndrangheta come altra possibile causa di tale situazione di degrado, perche' allontanano l'opinione comune dal pensare che la classe politica calabrese e nazionale possa avere delle responsabilita' in questa faccenda.

In sostanza, ci sono sicuramente delle responsabilita', che coinvolgono i cittadini disonesti che si approfittano delle disgrazie di queste persone venute in Italia a riappropriarsi della dignita' di esseri umani. Ma anche e soprattutto le istituzioni che non potevano non sapere quali erano e sono le condizioni di questo lembo di Calabria. Se ogni cittadino deve sottostare alla locuzione 'La legge non ammette ignoranza' perche' mai le istituzioni italiane possono sistematicamente continuare a ignorare che le leggi non vengono applicate? Perche' chi ha responsabilita' dirette e ha il potere di evitare tali fenomeni di bestialita' non paga il prezzo di non averli saputo prevenire?

Insanita'

martedì 10 novembre 2009

Se c'e' una puntata di Report che non sono riuscito a dimenticare e' quella intitolata La cura. E ho sempre tenuto ben saldo in mente che avrei dovuto commentarla nel mio blog.

In breve, si parla di sprechi babilonici e di furti incommensurabili, che nessun cittadino che non si senta implicato in questo malaffare dovrebbe permettere, a costo di dover lasciare i propri affetti, e imbracciare le armi per andare a scovare questi impostori e parassiti che vivono alle spalle della popolazione onesta.

Ma quel che rende questo quadro degno di essere paragonato ad eventi molto spiacevoli della storia dell'uomo, e' che in molti contesti - specie, guarda caso, quelli in cui si e' molti impegnati a non perdere di vista il business che ruota intorno alla sanita' - si puo' morire anche in tenera eta', per superficialita' inammissibili.

Ognuna delle due motivazioni e' terribile dal mio punto di vista, ma viste entrambi nel loro insieme come il problema della sanita' in Italia, diventano inconcepibili. Proprio per questo, quindi, ne parlero' come due problemi a se' stanti.

Forse molte persone - come me - non ci arrivano, ma in tutta franchezza non riesco a capire se e' piu' conveniente sprecare purche' si spenda oppure se e' meglio spendere il giusto a costo di non spendere tanto.

Limitando il discorso alle nostre tasche, penso che nemmeno le logiche del consumismo piu' sfrenato abbracciano a pieno la prima affermazione, e che la seconda e' una asserzione vera, specie da un punto di vista soggettivo. Quello che non si riesce a realizzare e' come cio' si capovolga se si parla di spesa pubblica. Sarebbe bello quindi se qualcuno riuscisse a dimostrare che, in un contesto cosi' ampio, quale quello della sanita', il primo teorema sia quello vero.

Allora risulterebbe giustificato il proliferare di attivita' illecite attorno alla sanita'. Dovremmo anche fare un plauso a quel medico che apre la puntata La cura di Report che, con la complicita' di una infermiera, fa approvigionamenti di materiale sanitario dentro clinica Santa Rita di Milano, per poi usarlo per la sua libera professione (non voglio entrare in merito al fatto che lo stesso medico e' protagonista di un conflitto di interessi piu' che evidente, che ha degli effetti benefici per l'attivita' privata e dei riflessi negativi nell'attivita' pubblica). Come dovremmo farlo al responsabile degli acquisti (prima del commissariamento del 2006, a seguito dell'omicidio del primario Francesco Fortugno) dell'ASL 9 di Locri, che compra scatole di cerotti a prezzi che arrivano fino a 3000 euro al pezzo oppure compra delle protesi testicolari e peniali (i cui impianti sono rarissimi) a prezzi da capogiro (si parla di ricarichi sul prezzo di mercato del 900 per cento). Protesi che tra l'altro non sono state mai ricevute dall'acquirente. Sembra evidente come quest'ultimo sia stato solo un modo per favorire qualche azienda distributrice di questi prodotti. Sicuramente contraccambiato da qualche regalo per le persone compiacenti. Ma se lo scopo e' spendere - a prescindere dallo spreco - ben venga.

Di sprechi, ce ne sono tanti altri che sono bene evidenziati nella puntata La cura di Report. Anche di quelli che non si potranno mai condannare perche' legalmente non fanno una grinza. E non c'e' nemmeno distinzione di tendenza politica che sia caratterizzante per gli sprechi. Per esempio, la Regione Calabria (insieme ad altri enti, tra cui l'Universita' degli Studi Magna Grecia di Catanzaro) nel 2004 ha costituito la Fondazione Tommaso Campanella. Una fondazione di diritto privato (quindi, difatti, un ente privato (*)) ma i cui finzanziamenti provengono, per la somma ragguardevole di 50 milioni di euro l'anno, dalla Regione Calabria.

Inizialmente, lo statuto prevedeva il finanziamento della fondazione da parte della regione, fino al 2007. Tuttavia, visto che l'inizio dell'attivita' si e' protratto fino al 2006, tuttora la Calabria non ha smesso di finanziare questa struttura. Questo finanziamento pubblico cessera' allorquando la fondazione ricevera' il riconoscimento come IRCCS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) da parte del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. Da quel momento, infatti, l'ente privato non avra' piu' bisogno dei soldi del fondo sanitario della Regione Calabria, in quanto sara' finanziato direttamente dal ministero per produrre brevetti sanitari. E questa non e' assolutamente una bella cosa visto che la fondazione, e piu' in generale il COE (Centro oncologico di eccellenza cosi' Anselmo Torchia - presidente della Fondazione Tommaso Campanella - fa riferimento al polo oncologico che la fondazione gestisce interamente) e' stato messo in piedi soprattutto con il denaro (o debiti, che sempre soldi sono!) dei Calabresi. Alla fine, invece, ai Calabresi restera' solo una struttura privata (magari 'convenzionata', come e' tipico in Calabria) che tocchera' pagare ancora una volta per riceverne le cure.

Insomma, ho l'impressione che questa maestosa opera sia nata piu' per gli interessi di classi ristrette che non per il bene della collettivita'. Una mannaia sulla testa dei Calabresi che prima pagano l'universita' per raggiungere i risultati che serviranno alla fondazione per ottenere il riconoscimento di IRCCS. Quindi, finanziano l'ente che eroghera' il servizio. E, infine, continueranno a pagare per ricevere il servizio. Per inciso, quindi, ai Calabresi poco cambiera' se e quando la fondazione sara' qualificata come IRCCS.

Sta di fatto che al momento, per incapacita' della classe dirigente del polo oncologico oppure della classe politica calabrese, o per intrecci politici di cui non ci si riesce nemmeno a fare una vaga idea da cittadini comuni, la fondazione non ha ancora ricevuto il riconoscimento di IRCCS.

Non solo. Affiorano gia' - a pochi anni dalla sua costituzione - dei sospetti riguardo la conduzione amministrativa non del tutto impeccabile. Come si puo' chiaramente evincere da un interessantissimo articolo che ho trovato rovistando nella rete (La Fondazione Campanella fa 90. Di danno erariale e di indagati, che fa riferimento anche ad un post altrettanto interessante sulle origini della fondazione - Fondazione Campanella: pane, chemio e politica).

Per quanto riguarda l'operato del polo, sebbene il governatore Agazio Loiero lo presenti come 'il fiore all'occhiello' della sanita' calabrese, Report mette in mostra come a dirigerlo ci siano delle persone (**) disinteressate del tutto sull'avanzamento delle attivita' di ricerca che si svolgono al suo interno, e come oltretutto la colossale struttura che ospita il polo antitumori (ndr: il policlinico Mater Domini) e' nettamente sottoutilizzata rispetto alle sue potenzialita'. Ma questo di certo non entra in conflitto con il 'teorema degli sprechi'. Anzi, disinteressandosi deliberatamente del funzionamento della struttura, si ha piu' tempo per spendere, incuranti di quello che puo' essere veramente necessario e quello che no.

Rimanendo ancora in Calabria, il caso piu' emblematico di sprechi nella sanita' e' senz'altro il numero di strutture ospedaliere della Piana di Gioia Tauro: sette ospedali per cento posti letto su una superficie di 500 chilometri quadrati e abitata da centottantamila persone. A parte la densita' troppo alta di posti letto per abitante, il vero dato che salta all'occhio nella Piana di Gioia Tauro e' l'elevato numero di strutture ospedaliere tutte incredibilmente vicine. Tutte risorse che si replicano (o meglio che si dovrebbero replicare): strumenti, strutture, professionalita' e cosi' via. Ma non puo' passare inosservata l'elevata spesa sostenuta per queste strutture che appare ancora piu' esorbitante se la si contrappone allo stato di degrado in cui queste strutture versano. Come pure l'elevato numero di figure sanitarie per posto letto. Ma nella logica dello spreco, anche questo quadro tornerebbe molto utile da un punto di vista dell'economia.

Ma gli sprechi non sono solo una peculiarita' calabrese. Voglio citare a tal proposito, anche un caso che e' spudoratamente venuto alla luce in seno allo scandalo delle escort in cui e' stato coinvolto il presidente del consiglio e un certo Gianpaolo Tarantini. Nella puntata di Annozero del 2 ottobre intitolata No Gianpi, no party, in cui ha partecipato una delle escort (ndr: Patrizia D'Addario), si e' cercato di portare l'attenzione su un aspetto che purtroppo non fa tanto audience quanto gli scandali della vita privata di un personaggio politico, ma evidentemente senza tanto successo. Si e' parlato della strana correlazione tra l'attivita' di Gianpaolo Tarantini come procacciatore di giovani donne da portare a Palazzo Grazioli, e l'aumento sproporzionato della spesa per protesi da parte della sanita' pugliese. In particolare, si e' parlato di un incremento del 243% della spesa per protesi, rispetto al 2001 (contro un incremento nazionale nello stesso periodo che si assesta al 51%). Il tutto avendo preventivamente presentato Gianpaolo Tarantini come manager di una azienda (ereditata dal padre) che rivende protesi. Considerando trascurabile l'aspetto delle escort, e tralasciando le cause dell'impennata del fabbisogno di protesi da parte della Puglia, quello che conta e' ancora, secondo l'asserzione sugli sprechi, che si e' speso tanto.

Senza interferire con l'assunta validita' del sistema degli sprechi, pero' c'e' da dire che non e' passata inosservata l'anomalia dell'impennata della vendita di protesi da parte della societa' di Gianpaolo Tarantini, alla Guardia di Finanza (Quell'anomalo boom di protesi) la quale ha avviato un'inchiesta.

Insomma, alla fine di questa lunga carrellata di esempi di sprechi degli ultimi tempi nella sanita' italiana (che lasciano solo presagire quanto diffusa sia questa pratica nel settore), e' chiaro che non posso fare alcuna deduzione sull'utilita' o meno dello sperpero. Tuttavia, emerge da ciascuno di questi casi come:


  • Dietro ogni spreco ci siano elementi che fanno sospettare corruzione delle persone che curano il servizio sanitario per il cittadino.

  • Lo spreco di denaro pubblico, nella maggior parte dei casi, favorisce una ristretta classe di persone e quindi difatti il denaro disperso non rientra in modo equo nelle tasche dei contribuenti, accentuando disparita' sociali.

D'altra parte, l'erogazione continua di fondi da parte degli enti preposti per la sanita', che in buona percentuale risultano dispersi in spese inutili, causa ammanchi che si traducono in debiti per tutti i cittadini italiani. Ad esempio, sempre nella puntata La cura di Report, Milena Gabanelli riassume il deficit della Regione Calabria in 2 miliardi e 160 milioni di euro che verrano pagati da tutte le regioni italiane, e quindi da tutti i cittadini.

C'e' un secondo aspetto della sanita' che interessa ciascuno di noi da un punto di vista ancora piu' profondo. Perche' si dovrebbe staccare completamente dal denaro. Mi riferisco all'obiettivo unico che la sanita' dovrebbe perseguire, ovvero il benessere dell'individuo.

La profondita' di questo aspetto e' tale perche' c'e' in ballo la vita, che e' il bene piu' prezioso per l'uomo. E diventa ancora piu' profondo se si pensa che la sanita' deve puntare a riconsegnare all'uomo quella dignita' che brutte malattie e infortunui talvolta portano via.

Se io qua mi soffermo a dire che spesso non e' cosi', e' perche' la cronaca ci porta molti esempi che ci fanno capire che i sanitari sono spesso distolti dagli obiettivi che nativamente dovrebbero perseguire.

E non voglio essere il solito populista che punta il dito contro questo e contro quello ogni volta che si verifica qualcosa nella sanita' che tocca ognuno di noi dal di dentro. D'altronde, la sanita' la fanno delle persone e oltretutto si basa su studi scentifici (e le relative esperienze) i cui confini di conoscenza sono ancora lontani dal poter essere immaginati dalla mente di un essere umano.

Non e' normale, ad esempio, che in Calabria nell'agosto scorso c'e' stata una escalation di incidenti che ha causato 5 vittime in corsia. Come si puo' leggere dal post Malasanita'. Aumentano morti sospette in Calabria. Deceduto ragazzo per appendicectomia, si tratta di casi per cui si fa veramente fatica a credere che si possa esser morti cosi' oggi che la chirurgia fa miracoli.

A rendere piu' incredibile il tutto e' l'eta' dei martiri della sanita'. Si pensi alla mamma morta durante un parto in una clinica privata di Cinquefrondi, al ragazzo morto per un attacco di appendicite acuta, alla bambina di otto anni morta all'ospedale di Cetraro e a quella di cinque anni morta a Locri.

I protocolli medici sono uguali dappertutto sul territorio italiano. Cambiano le persone che operano presso le varie strutture. Ma cambiano anche le strutture. E qui tutto tornerebbe al fattore denaro. Ma prima di ritornare su questo elemento di cui l'uomo riesce sempre meno a tirarsi via di dosso per lasciar trasparire la sua moralita', penso che ognuno deve riflettere sulle proprie responsabilita' quando esercita una professione. Tanto, ma tanto di piu', quando in ballo ci sono delle vite umane. E si dovrebbe arrivare al punto in cui una sfida professionale si accetta o anche si rifiuta, qualunque sia il fattore che possa pregiudicare il successo della sfida.

Si diceva poc'anzi che i soldi possono deturpare l'etica delle figure impegnate nella sanita', talvolta compromettendo irrimediabilmente il raggiungimento del benessere dell'uomo che la sanita' si prefigge. L'assurda morte della giovane Federica Montaleone a causa di un blackout durante un intervento chirurgico all'ospedale di Vibo Valentia, potrebbe essere un esempio lampante di quanto appena asserito. Che non sia questo un macabro sabotaggio della carriera dell'allora direttore generale dell'ASL 8 di Vibo Valentia, Francesco Talarico? Diversamente, dimettendosi subito dopo l'accaduto (nonostante la citazione in giudizio per l'inchiesta aperta su questo tragico episodio) per accettare l'incarico di direttore amministrativo della Fondazione Tommaso Campanella, avrebbe dimostrato di essere la prima persona che nella sanita' non ci potrebbe stare, in quanto priva di moralita'.

C'e' da dire, pero', che Francesco Talarico ha poi dato prova di avere una coscienza dimettendosi da direttore della fondazione allorquando e' stato rinviato a giudizio nell'ambito della stessa inchiesta (Si dimette il DG Talarico).

Ma questi aspetti qua non sono una esclusiva calabrese. Ritornando alla puntata La cura di Report, si e' parlato anche la' della clinica degli orrori. Questo e' il nome attribuito alla clinica Santa Rita di Milano dopo che e' scoppiato lo scandalo degli interventi inutili che venivano fatti con l'unico scopo di elevare il numero di prestazioni fatte dalla clinica e, cosi' facendo, aumentare i compensi ricevuti dalla Regione Lombardia. A capo di questa squadra di killer c'era una tale Pier Paolo Brega Massone, attualmente in carcere con l'accusa di omicidio aggravato dalla crudelta'. E si, perche' alcuni degli anziani pazienti ci hanno anche rimesso la vita prendendo parte incosapevolmente a questo gioco al massacro.

E proprio perche' si trattava di anziane persone che la cosa mi ha mosso particolarmente la coscienza. Ricollegandomi a quanto detto prima, la sanita' dovrebbe ridare dignita' alle persone che sfortunamente tendono a perderla, per cercare di dare un senso piu' profondo anche a quelle vite. E questo esclude che bisogna togliere la dignita' a chi se l'e' sudata per una vita e adesso e' indifeso di fronte alla malvagita' di persone senza scrupoli. Un taglio sulla pelle, un intervento importante e' un segno che resta. Tanto piu' rimane quanto meno motivi per giustificarlo ci sono. Tanto piu' il gesto diviene una mostruosita'.

Quindi, anche se ho trattato separatamente due punti dolenti della sanita' italiana, non e' rinnegabile che c'e' una causa comune che li rende tali: il denaro. Sembrerebbe che in ciascuno degli aspetti il denaro gioca un ruolo differente, visto che prima si parla di sprechi mentre nell'altra si parla far soldi. Tuttavia, anche quando si sperpera denaro in realta' c'e' sempre un fine che consiste nel veicolare i soldi verso una destinazione ben chiara.

Purtroppo, pero' allora ci accorgiamo che il problema da questo punto di vista e' globale. Proprio in questi giorni si sta incessantemente parlando di pandemia causata dal diffondersi del virus influenzale A/H1N1. Il virus si e' diffuso da marzo 2009 a partire dal Messico in tutto il mondo, e ha origine in grossi allevamenti ('lager' come li definisce la giornalista Monica Maggioni nella puntata di Speciale TG1 del primo novembre) di suini di proprieta' della Smithfield Corporation.

Non so se mai questa multinazionale sia stata chiamata a rispondere delle sue responsabilita', visto le presunte origini da cui si e' scatenato un simile putiferio. Ma e' certo che a multinazionali del settore si deve la ridenominazione dell'influenza suina in influenza A/H1N1. Continuarla a chiamare influenza suina avrebbe ovviamente causato non pochi danni al settore.

Del resto, si sospetta che dietro questa impunita' ci sia chi ha deciso piuttosto di cavalcare l'onda. Semplicemente, perche' ci sarebbero stati dei buoni margini di speculazione. Prima fra tutti c'e' la lobby delle grandi case farmaceutiche mondiali ovvero Big Pharma (***) (A tal proposito, e' molto interessante leggere l'articolo Virus A, affari d'oro per Big Pharma Il vaccino vale 10 miliardi di dollari).

Poi, a seguito, troviamo sicuramente il governo americano. La benedizione di Barack Obama a questa linea d'azione penso sia sostanzialmente dovuta ad una strategia per tirar su l'economia mondiale, e quindi anche quella americana, in un modo che in pratica si distingue dallo stile guerrafondaio del suo predecessore George Bush. D'altronde, una simile accondiscendenza gli avrebbe anche semplificato la vita nella sua politica interna. Forse la legge sulla sanita' che sta per essere approvata in America e' un tacito accordo tra l'oramai soddisfatta Big Pharma e il governo americano.

Gli U.S.A., con la loro influenza mondiale, non hanno impiegato molto a trascinarsi dietro i governi filoamericani e, cosi' facendo, tutti gli altri. Infine, naturalmente, anche i media hanno trovato in questo fenomeno una buona mucca da mungere. Ma in tutto cio', quello che e' certo e' che realmente l'influenza A e' solo una normale influenza che non colpisce ne' piu' ne' meno della classica influenza stagionale. Cio' e' chiaramente esposto nel servizio sulla pandemia del 9 novembre di Voyager, nel parere di un esperto dell'Organizzazione Mondiale della Sanita'.

Una storia triste, anche questa. Se queste ipotesi sono verificate, rimangono tante speranze riposte nelle mani di un presidente nuovo, e un'unica grande delusione di tante e tante persone soggiogate per un unico e sporco scopo: il denaro. Peraltro, giocando su un aspetto, quale la salute, che gli esseri umani sono chiamati a preservare per dare maggior senso alla propria esistenza. Quale sarebbe la differenza tra questo approccio e la costrizione alle guerre di George Bush?

Dare il giusto rispetto al denaro come unica via per ritrovare il rispetto per le persone e' forse questa la giusta terapia per curare la sanita' malata.

La vendetta della natura

lunedì 02 marzo 2009

Non sono cosa voleva fare o cosa abbia fatto la mano insensibile dell'uomo in Val di Susa, ma quello che ho visto lungo la Salerno-Reggio Calabria, nei pressi dei cantieri aperti per l'ammodernamento dell'autostrada, e' qualcosa che lascia una amarezza veramente indescrivibile e una rabbia tale che si trasforma poco dopo in rassegnazione. Un territorio fragile e ricco di fascino ricoperto di boschi folti e rigogliosi, quello attraversato dalla A3 nel tratto lucano. Lontano dalla civilta' non appena si scavalca il guardrail. Nemmeno il Cristo di Carlo Levi, fermandosi a Eboli, aveva avuto il coraggio spingersi fin la' per non rischiare di rompere questi fragili equilibri. Invece la mano insensibile dell'uomo ci e' arrivata e non ha tardato a lasciare il segno. Distese di boschi estirpati e montagne sguarciate per fare spazio a un tracciato piu' scorrevole e moderno. Forte del silenzio della natura che non si e' opposta a questa barbarie.

Forse gli ambientalisti non sono al corrente di questi lavori, o forse hanno sempre preferito fare altre strade o prendere altri mezzi di comunicazione per attraversare l'Italia, sta di fatto che in Val di Susa c'erano ambientalisti dalla Sicilia. E anche in Calabria si e' manifestato contro la TAV in Val di Susa. Allora come e' possibile che nessuno abbia avuto nulla da obiettare contro scempi di queste dimensioni? Forse perche' ognuno di noi ha visto ancora una volta in modo del tutto egoistico (o menefreghistico) e irresponsabile che alla fine c'e un aspetto economico che torna a vantaggio della popolazione del posto. Ma questa e' una spiegazione che sa' tanto di forzatura.

Anche perche' non so' se sia arrivato prima il ritorno economico o i danni della vendetta della natura. Oggi, a distanza di pochi mesi da quando sono rimasto colpito da quello che ho visto e sto riportando in questo articolo, posso fare una lista di disgrazie che ha colpito il meridione dell'Italia e in particolare la terra in cui sono nato e cresciuto: la Calabria. L'ultima di queste cattive notizie, e sicuramente la piu' clamorosa, mi ha spinto a riordinare le mie idee in questo articolo.

Da qualche giorno, a distanza di qualche mese da quando la super moderna Frecciarossa e' entrata in servizio, c'e' una importante arteria del sistema ferroviario italiano tranciata per via del maltempo. E alcuni mesi passeranno prima che verra' ripristinata (Treni, l'Italia si ferma a Lamezia). Ma questa e' solo il culmine di una serie di notizie che dovrebbero far riflettere ognuno di noi e, in particolare, quelle persone che dovrebbero dare delle risposte quando capitano questi eventi e, invece, se ne lavono allegramente le mani.

Parlo della frana sulla A3 a Cosenza che ha causato morti e feriti, e dell'ondata di maltempo nel Reggino di dicembre, che ha contato una vittima. Ma anche delle meno catastrofiche - ma comunque inquietanti - frane che hanno martoriato nello stesso periodo il territorio calabrese ("Chiusi per frane 60 km di autostrada", "Calabria, frana anche sulla Statale", "Maltempo, ancora allerta in molte regioni" e "Il Sud nella morsa del maltempo" sono alcuni articoli a riguardo che sono riuscito a trovare su "La Repubblica"). E, infine, mi riferisco a molti altri piccoli episodi che solo chi vive nei posti interessati sa, e che comunque hanno contribuito allo stato di dissesto totale del territorio.

Ancora oggi ci sono casi che dimostrano come spesso la natura non possa essere contrastata. Terremoti, uragani, maremoti, siccita', incendi sono cause di morte e distruzione tali che, per quanto l'uomo abbia fatto, difficilmente ci si riuscira' a sentire completamente al sicuro da questi fenomeni. Ma non possiamo accettare che in una societa' evoluta come la nostra, dove si vive con elevati tenori di vita e dove la tecnologia ha superato ogni aspettativa pensabile negli ultimi decenni, non si riesca (specialmente in determinate zone d'Italia, come la Calabria, appunto) a controllare il territorio, per renderlo sicuro e vivibile, instaurando con esso un rapporto di armoniosa convivenza.

Paradossalmente, poi, dovrebbe essere proprio la Calabria la regione ad ospitare un'infrastruttura babilonica come il ponte sullo Stretto. Non esprimo giudizi a favore o contro questa opera: l'impatto paesaggistico sarebbe violato una volte per tutte (e per rendersi conto realmente di cosa significa cio', bisogna necessariamente trovarsi in viaggio sulla Salerno-Reggio Calabria, direzione sud, dopo l'uscita di Bagnara, durante il mattino di una bella giornata di primavera); d'altra parte il rilancio della Calabria richiede necessariamente la realizzazione di una grossa infrastruttura.

In ogni caso, io prima eviterei i paradossi.

Search

Tag Cloud

Archive

recent Post

Link

Blogroll

Feed

All Post

ADS