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Rosarno e gli immigrati

sabato 09 gennaio 2010

Rosarno non e' l'unico posto in cui le condizioni sociali di immigrati extracomunitari africani che vengono in Italia per migliorare il proprio tenore di vita, sono drammatiche. E la cronaca potrebbe darci molti esempi a conferma di cio'. E' gia' successo anche che si sono verificati dei fatti di violenza laddove le condizioni di vita di questa gente si dimostrata essere realmente precaria. Ma Rosarno e' un caso che merita una trattazione a parte.

Queste disparate colonie di extracomunitari arrivano a Rosarno per un ben individuato periodo dell'anno e per delle altrettante chiare ragioni. Tale periodo corrisponde con la raccolta degli agrumi (mandarini prima e arance poi), di cui la Piana di Gioia Tauro e' ricca, e la ragione e' la possibilita' di lavorare in questa attivita' per trarne sostentamento.

Penso che il movente della 'questione di Rosarno' possa essere individuato nei disagi dei Rosarnesi. Disagi che non hanno niente a che fare con l'intolleranza in se'. Anche se la prima cosa che viene da pensare e' proprio una vicenda di razzismo. E non nego di averlo pensato anch'io. Io che sono nato e ho vissuto quei posti e che spesso ho pensato erronamente che un Calabrese possa essere razzista con un Africano almeno quanto un leghista possa esserlo con un Calabrese.

Ma la realta' e' tutt'altra, appunto. E' da ricercarsi nella fragilita' dell'economia agricola di cui vive buona parte della Calabria. Una fragilita' che viene sempre piu' alla luce man mano che i tempi delle 'vacche grasse' tendono a rimanere solo un ricordo di un tempo in cui si e' cristallizzata una mentalita' assistenzialistica che oggi rappresenta una grande trappola nelle realta' come quelle di Rosarno.

Faro' riferimento a piccole aziende a conduzione familiare perche' realmente da quelle parti non ci sono grandi realta' imprenditoriali che lavorano nel settore e, in definitiva, tali sono la maggior parte delle imprese che operano in questo contesto.

Le arance non sono mai stato un affare per coloro che le producono (ma, sono da ritenersi senz'altro una fortuna per tali persone, rappresentando una fonte di sostentamento che li ha verosimilmente preservati dall'emigrazione). In sostanza, la produzione e' stata sempre cosi' elevata che se tutte le arance prodotte venissero immesse sul mercato, le arance avrebbero prezzo pari a zero. Per non mortificare questo mercato lo stato, attraverso l'AGEA (AGenzia per le Erogazioni in Agricoltura , un tempo nota come AIMA - Azienda di Stato per gli Interventi nel Mercato Agricolo), interviene con delle politiche che prevedono di dare un contributo agli imprenditori per le arance raccolte, quando il mercato e' saturo. Chiaramente il contributo che lo stato decide non deve essere tanto alto da incentivare gli imprenditori a produrre ulteriori quantita' di arance, ne' tanto basso da indurre tante aziende agricole alla chiusura.

Fin quando dalle mie parti c'era la manodopera locale disposta a lavorare negli agrumeti per la racconta delle arance per una paga che permetteva anche all'imprenditore di trarci anche un piccolo reddito, il sistema funzionava abbastanza bene, garantendo delle ricchezze accettabili alla popolazione. Nel tempo, pero', lo stato ha sempre pagato meno le quote per le arance acquisite come pure sempre meno gente e' disposta a lavorare nella raccolta degli agrumi per retribuzioni che si sono dimostrate sempre piu' inadeguate.

Ecco che, in questo contesto, propizia si e' rivelata la presenza degli extracomunitari Africani che sicuramente - venendo da paesi molto piu' poveri della Calabria - non avrebbero rifiutato lavori di questo tipo per paghe che - agli occhi loro - erano dignitose.

Oggi gli onesti imprenditori agricoli calabresi non riescono a fare reddito da queste attivita'. Men che meno hanno la possibilita' di rendere dignitose le condizioni di vita dei poveri extracomunitari che vengono a guadagnarsi da vivere onestamente negli agrumeti di Rosarno.

L'impossibilta' (...) di avere voce attraverso chi li rappresenta che e' causa di una pressione sugli extracomunitari. E diventa, a sua volta, la causa di una rivolta che i media indicano frettolosamente come un rigurgito razzista della popolazione di Rosarno.

E non fanno bene nemmeno quando additano la 'ndrangheta come altra possibile causa di tale situazione di degrado, perche' allontanano l'opinione comune dal pensare che la classe politica calabrese e nazionale possa avere delle responsabilita' in questa faccenda.

In sostanza, ci sono sicuramente delle responsabilita', che coinvolgono i cittadini disonesti che si approfittano delle disgrazie di queste persone venute in Italia a riappropriarsi della dignita' di esseri umani. Ma anche e soprattutto le istituzioni che non potevano non sapere quali erano e sono le condizioni di questo lembo di Calabria. Se ogni cittadino deve sottostare alla locuzione 'La legge non ammette ignoranza' perche' mai le istituzioni italiane possono sistematicamente continuare a ignorare che le leggi non vengono applicate? Perche' chi ha responsabilita' dirette e ha il potere di evitare tali fenomeni di bestialita' non paga il prezzo di non averli saputo prevenire?

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Oggi ho felicemente riscontrato che le poche idee che ho espresso in questo post trovano conferma nell'articolo LA CARNE NERA E IL TIRO A SEGNO di Mimmo Calopresti, pubblicato sul numero odierno de 'Il Fatto Quotidiano'.

Cio' e' una conferma di come vivere le cose da vicino e' talvolta necessario per raccontare la verita'.

Mimmo Calopresti e' regista che apprezzo molto per come racconta realta' che ingiustamente la cronaca e l'arte tendono a tenere sommersi.

E' nato a Polistena, nella Piana di Gioia Tauro. Solo dopo averlo conosciuto ho scoperto che, Ranieri Calopresti, mio insegnante di Educazione musicale alle scuole medie, e' suo cugino.

Posted by Graziano Scappatura on gennaio 09, 2010 at 02:15 PM GMT+01:00 #

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