Home Page di Graziano Scappatura
Loading

Gomorra

domenica 02 maggio 2010

Prima di convincermi a leggere questo libro di Roberto Saviano ho dovuto vedere il film che non ho avuto modo di apprezzare se non come un pregevole documentario di situazioni frammentate che si sono verificate nei territori della camorra. Il libro, a conferma della mia titubanza nei confronti di 'Gomorra film', e' una serie di racconti di realta' che chi vive in certi paralleli del mondo vede, e chi ha una buona dose di fortuna ha pure la capacita' di rimanere disgustato. Ma alla fine vince, nella stragrande maggioranza dei casi, una forza non benevola che reprime tutto dentro l'individuo rassegnato.

Saviano invece fa parte della piccola minoranza che ha sconfitto la rassegnazione e che irrompe dalla massa che affoga nel qualunquismo perpetuo. E questo e' stato sicuramente il frutto maturato da fugaci sensazioni trasmesse dalla visione del film che mi ha indotto ad approfondire il pensiero di questo giovanissimo giornalista. Ed e' per questo che egli va elogiato. Perche' si e' opposto a questa forza che consuma la dignita' delle persone comuni e ha senz'altro il merito di aver trasmesso un messaggio chiaro che ci si puo' ribellare all'arroganza di chi ha la presunzione di essere proprietario della liberta' degli altri. Anche solo denunciando, anche solo cercando di capire certi meccanismi che agiscono negli scantinati della vita di molti che reputano l'illegalita' un fattore insito nella natura dell'uomo e che non fa male a chi non vuole farsi del male ovvero a chi ne ignora la presenza.

Ci sono diversi episodi che mi hanno colpito di questo viaggio. Ancor di piu' della meschinita' e dell'amoralita' di certe persone contribuiscono a dare una forma a questa organizzazione criminale, ci sono aspetti che mi sono rimasti dentro come un marchio. Sono quelle sensazioni che si provano quando non si riesce a farsi capace che ci sono errori anche in gioventu', che se si commettono non permettono di riprovarci per dimostrare che si ha imparato. Parlo dell'impotenza di pronunciare a gran voce che l'ingenuita' giovanile non merita sentenze cosi' definitive come la morte, e di essere ascoltati.

Gelsomina Verde e' stata violentata, trucidata e bruciata dentro una macchina, per vendetta trasversale. Solo perche', per qualche strana combinazione di eventi, il filo che tracciava la sua vita si e' intrecciato con quello di Gennaro Notturno. Quello che mi ha colpito, e' la sensibilita' di Saviano verso Mina e la sua 'quasi assoluzione' che emerge da un quadro di diverse ipotesi. Quella di un rapporto sentimentale oramai finito. Quella di un amore forte che sfida la morte. Quella dettata da una necessita' di emergere da una situazione in cui l'ambiente dove Mina ha vissuto, relega. Emergere diventando un 'animale', sgobbando per ore di lavoro con la consapevolezza di essere considerata alla stregua di 'mezze merde' dal proprio superiore, per dar da mangiare alla propria famiglia, alle persone che in questi ambienti spesso si ammalano di depressione.

Saviano ha una attrazione palpabile verso la figura di Mina. Una sensibilita' che trasmette benissimo attraverso le poche pagine a lei dedicate in questo libro. Al punto da avere un sentimento di pieta' anche per Gennaro, a favore del quale arriva anche a formulare l'ipotesi che costui e' stato semplicemente una vittima della naturale voglia di creare un futuro un po' piu' dignitoso per lui e la sua fidanzata, che nei luoghi dove le vicende sono maturate non e' raggiungibile se non passando prima dall'amico camorrista.

Raccontando la storia di Mina, lo scrittore narra l'efferatezza del delitto sottolineando come i killer prestino attenzione ad 'annullare il piu' minuscolo afflato di umanita''. Saviano ha la capacita' di coprire una brutta vicenda con un sottile strato velato che lascia trasparire il fascino del sentimento che la societa' non deve mai esimersi dal coltivare e, nello stesso tempo, la lotta dura che chi lo vive deve intraprendere per elevarlo.

Se per la morte di Mina Saviano non ha preso una posizione del tutto chiara, cosi' non e' stato per Attilio Romano'. Attilio Romano' e' stato ammazzato dalla camorra anch'egli solo per il fatto che la sua vita si e' intrecciata in qualche modo con quella di una persona - il socio del negozio di telefonia - che aveva una parentela lontana con un boss camorrista.

Sulla vita di Attilio non ci sono ombre di camorra, ma solo il sudore e il sacrificio di chi si stava donando completamente alla sua giovane moglie, Natalia, e di far prendere, grazie a questo amore, una forma piu' definita alla loro famiglia.

La camorra invece, quando ti ammazza e sei innocente, riesce anche a sporcarti, ad etichettarti con il marchio di 'morto ammazzato dalla camorra'. E rischi di perdere la tua vera identita' di 'vittima della camorra'. La mancanza di un segnale forte, istituzionale ai suoi funerali rendono verosimile questa strategia camorristica riservata agli innocenti. Saviano fa riferimento nel libro ad una 'ingiusta diffidenza' che 'aleggia sulla morte di Attilio'.

Leggere storie come quelle di Attilio scoraggia, deprime e fa percepire la debolezza dell'uomo di fronte al giudizio della massa o di fronte a quello che la massa e' indotta a sentenziare. Un segnale forte proviene pero' dalle persone care e che hanno conosciuto Attilio da vicino. Sono i colleghi di lavoro che stoicamente hanno ripulito l'onta della camorra dall'immagine di Attilio e lo hanno relegato nel ruolo che gli tocca e che la societa' deve ancora imparare che non dovra' un giorno toccare piu' ad alcun altro essere umano.

Annalisa Durante e' una ragazzina di Forcella anch'ella vittima della camorra, per mano dei Giuliano, ma questa volta senza alcuna ombra di dubbio che sia tale. Saviano racconta questa storia riportando tutto lo strazio che si puo' esternare per un fiore strappato, spezzandonde lo stelo, nel momento in cui le tonalita' dei suoi petali erano piu' accese, nel momento in cui il profumo emanato era piu' intenso.

Un peccato che qualunque dio non potra' mai perdonare. Mentre sulla terra chi ha la coscienza sporca ha osato pure essere presente al saluto di Annalisa. Ma e' solo il gesto finalizzato a mandare un messaggio per la gente di Forcella. La risposta della gente e' provocatoria e sottile: applaude le forze dell'ordine per manifestare il disprezzo per il clan che ha commesso questa efferatezza. Probabilmente pero' e' solo un modo per manifestare il loro dissenso per i Giuliano per cui da tempo sono insofferenti e che la triste scomparsa di Annalisa li ha fatti esplodere. Insomma, la gente inneggia l'avanzata del prossimo, che non sia lo Stato. Da queste parti, per quello si riserva ancora la stessa diffidenza che si prova per uno sconosciuto.

Saviano parla anche di Don Peppino Diana. Perche' e' stato ucciso dalla camorra. E a lui dedica un capitolo a parte di questo libro. Non perche' era un prete. Avrebbe potuto essere stato un cattolico come no. E a prescindere dall'inclinazione religiosa di Saviano e di chiunque altro ne abbia parlato, quello che traspare e' che Don Peppino era una persona che ha professato la moralita' e il giusto. E piu' in generale, il diritto alla liberta' nel rispetto degli altri.

Don Peppino e' finito ammazzato per sollevare dei dubbi sul suo operato. E per distogliere l'attenzione pubblica da una guerra tra clan come mille se ne sono combattute e come mille non avranno vincitori ne vinti, come si deduce dall'arringa di Cipriano, amico di vecchia data di Peppino Diana, che Saviano ha avuto la caparbieta' di recuperare e trasmetterci attraverso la sua opera.

Ciprano, difatti, non ha mai reso pubblico questo suo pensiero e mai l'avrebbe fatto. Perche' egli si e' 'chiuso' dopo che il suo caro amico e' stato barbaramente ammazzato.

Anche in una triste storia come quella di Don Peppino, Saviano trova anche lo spazio per ironizzare. E' un'ironia tagliente che se riuscisse a penetrare ciascuna persona nel proprio intimo, forse sortirebbe anche l'effetto di svegliare le nostre coscienze che troppo passivamente accettano delle anomalie che una societa' civile non dovrebbe in alcun modo ammettere.

Sto parlando del processo all'omicidio di Don Peppino che vedeva imputato il boss Nunzio De Falco detto ''o lupo' per il suo viso licantropico. Tale boss era difeso dall'avvocato Gaetano Pecorella, all'epoca presidente della Commissione Giustizia alla Camera dei Deputati. Ovverosia, un lupo difeso da una pecorella!

Infine, lascia senza parole il racconto di Saviano sui rifiuti tossici. Un business che evidenzia la ciecita' di certi uomini rispetto a tutto.

La natura, prima di tutto, violentata dagli scarti del nostro benessere materiale che scopriamo venir prodotto incuranti di un incolmabile malessere che pesera' sui nostri figli, e che solo in parte oggi pesa gia' sulla nostra vita.

Ma forse ancora e' un peso che tutti insieme riusciamo a sopportare, a trascurare. Semmai, un giorno questo cominciera' a pesare sulle nostre singole coscienze e allora cominceremo ad accusare l'effetto di questo gioco al massacro. Fino a quando piu' drammatico e diffuso sara' l'effetto sulla nostra vita.

Dopo le tremende denunce di Saviano in questo libro, altro e' venuto fuori. Mi riferisco all'emergenza dei rifiuti a Napoli che ha avuto l'eco piu' altisonante nel 2008 (Rifiuti, a Napoli cresce l'emergenza). Napoli invasa dai rifiuti per le discariche esaurite. Ma perche' solo in quei luoghi si riempiono le discariche prima che in altri posti? Forse c'e' motivo di credere Saviano che 'il casertano e' un'area che nel 'piano regolatore' dei clan e' stata assegnata alla sepoltura dei rifiuti'. Che in quei posti venisse (e magari tuttora avviene) convogliata tutta la merda tossica prodotta come scarto delle industrie del Centro e del Nord.

Piu' in generale, c'e' da credere il vescovo di Nola, sempre secondo quanto riportato da Saviano in Gomorra, che afferma che costui defini' 'il sud Italia la discarica abusiva dell'Italia ricca e industrializzata'. Difatti, un altro fatto eclatante che potrebbe dimostrare quanto vera possa essere questa tesi, sono le dichiarazioni del pentito Francesco Fonti che sostenne la presenza di una nave carica di rifiuti tossici in fondo al mare a largo di Cetraro, in Calabria (La nave Cursky segnalata da un pentito affondata nel mare del Tirreno).

A questo punto non sarebbe tanto fantascientifico credere come il business dei rifiuti possa avere confini che vanno ben oltre l'immaginazione del nostro quieto vivere. Potrebbe anche essere fondata la denuncia del pentito Francesco Fonti che ha segnalato un meccanismo che arriva fino all'omicidio oscuro - per noi comuni mortali - di Ilaria Alpi, passando per il fitto traffico di 'navi tossiche' che approdano in Somalia per depositare i veleni del nostro benessere.

E' impressionante l'abilita' e la velocita' con cui e' stata messa la parola fine su una questione - le dichiarazioni del pentito Francesco Fonti - che, se non altro, meritava di essere trattata in maniera piu' trasparente. Come fa paura pure la passivita' dell'opinione pubblica di fronte alla negazione di una verita' sacrosanta che priva difatti il cittadino medio di una dignita' che l'Onnipotente gli ha consegnato.

Succede sempre cosi' quando verita' scomode stanno per venire alla luce. Quando toccano determinate persone scatta un meccanismo che riesce a sotterrare in breve tutto cio' che a fatica si cerca di far emergere. Spesso distogliendo l'attenzione pubblica verso cose di effimera importanza. Solo la cultura e un'importanza un tantino piu' accentuata verso una moralita' ritrovata possono sconfiggere questo strato subdolo della societa' e segnare il riscatto della dignita' umana.

Anche l'uomo e' tradito perche' i rifiuti tossici gli vengono messi sotto al naso. A un passo dalle citta', vicino ai centri abitati e persino sotto le abitazioni dove vive. Nei concimi che usa per produrre gli ortaggi che in tanti mangeranno, e che infesteranno i terreni dove crescera' il nutrimento dei capi di bestiame che daranno carne, latti e formaggi che finiranno sulle tavole di molti.

E' ancor piu' immorale e' l'impiego dei bambini - l'anello della continuita' della specie, ragione ultima biologica per cui ci troviamo in questo mondo - con la loro innocenza, per finalizzare il traffico di rifiuti tossici. Attivita' che possono ledere irreversibilmente la salute di chi ignaro le svolge. E che senz'altro appongono un marchio sulla personalita' immorale dell'uomo del futuro. Fa rabbrividire a tal proposito il racconto di questi fanciulli che per poche euro vengono sbattuti su furgoncini che fanno da spola tra il punto dove i grossi camion portano i fusti pieni di compost mischiato a veleni, e gli allogiamenti che gli stakeholder hanno individuato per riempire con i rifiuti tossici. Ragazzini che seduti al volante non riescono nemmeno ad arrivare con i piedi ai pedali dei mezzi che devono guidare. Che vengono derubati della propria adolescenza approfittando della loro innocenza, da gente che non ha la benche' minima sensibilita' sull'importanza e sul valore di ogni ciclo di crescita dell'uomo. E i ragazzini accettano. Accettano perche' vengono messi davanti a qualcosa che li puo' far arrivare piu' in fretta al traguardo di diventare uomini. Ma senza avvisarli che i fusti malchiusi che devono trasportare possono emettere delle esalazioni che inalandole un solo attimo causano ustioni molto gravi all'apparato respiratorio.

Che dire. Gomorra non e' una storia. E' un reportage sulle attivita' della camorra negli ultimi decenni. Un documento molto approfondito e coraggioso. Con delle note molto valide che lasciano ben sperare per un 'Saviano scrittore'.

In molti posti del sud Italia si vivono situazioni come quella che ha vissuto Saviano. Molti potrebbero scrivere le metastasi che attecchiscono i vari tessuti nelle regioni del sud Italia. Ma anche al Nord ci potrebbe essere molto materiale per descrivere situazioni di degrado morale. A Saviano va riconosciuto, quindi, in primo luogo, il merito di aver trovato il coraggio della denuncia. E con questo non voglio sminuire il coraggio di infiltrarsi spesso dentro determinate situazioni compromettenti che l'hanno ripagato ampiamente, venendo fuori nella sua opera un livello di dettaglio cosi' profondo che ha sicuramente ha contribuito a far attribuire a Gomorra riconoscimenti che mai prima d'ora erano state attribuite ad un libro, ne' al suo autore.

L'auspicio e' che in molti possano seguirne la scia di questo personaggio e che altri Saviano possano emergere per cambiare un po' la direzione di un paese verso una strada che tutti avremmo piu' piacere di percorrere.

In fondo a qesto lungo post riporto alcuni pezzi di libro che mi sono rimasti impressi piu' che altri.


  • p. 32: "Quindici anni in certi meridiani di mondo sono solo una somma."
  • p. 46: "E così il lavoro quando serve solo a galleggiare, a sopravvivere, solo a se stessi, allora e' la peggiore delle solitudini."
  • p. 72: "Del resto un impero non si scinde allentando una stretta di mano, ma tagliandola con una lama."
  • p. 90: "A tutto ci si puo' ridurre. A vivere con le luci spente cosi' da non dare segnale di presenza in casa, a uscire con quattro auto di scorta, a non telefonare e ricevere telefonate, a non andare al funerale della propria madre. Ma ridursi a non incontrare la propria amante ha il gusto della beffa, della fine di ogni potere."
  • p. 91: "Sconfitti nel potere economico significa immediatamente sconfitti anche nella carne."
  • p. 147: "La famiglia di Edoardo La Monica smentisce ogni suo possibile coinvolgimento, affermando che il ragazzo non aveva mai fatto parte del Sistema, che aveva paura dei clan e dei loro affari. Forse ha pagato al posto di qualcun altro della sua famiglia, ma la chirurgica tortura sembra essere stata commissionata per essere ricevuta e non spedita attraverso il suo corpo a qualcun altro."
  • p. 239: "E i nuovi costruttori, proprietari di banche e di panfili, principi del gossip e maesta' di nuove baldracche celano il loro profitto. Forse hanno ancora un'anima. Hanno vergogna di dichiarare da dove vengono i propri guadagni. Nel loro paese modello, negli U.S.A., quando un imprenditore riesce a divenire riferimento finanziario, quando raggiunge fama e successo accade che convoca analisi e giovani economisti per mostrare la propria qualita' economica, e svelare le strade battute per la vittoria sul mercato. Qui silenzio. E il danaro e' solo danaro."
  • p. 239: "Qualcuno ha detto che a sud si puo' vivere come in un paradiso. Basta fissare il cielo e mai, mai osare guardare in basso. Ma non e' possibile. L'esproprio di ogni prospettiva ha sottratto anche gli spazi della vista. Ogni prospettiva si imbatte in balconi, soffitte, mansarde, condomini, palazzi abbracciati, quartieri annodati. Qui non pensi che qualcosa possa cascare dal cielo. Qui scendi giu'. Ti inabissi. Perche' c'e' sempre un abisso nell'abisso. Cosi' quando calpesto scale e stanze, quando salgo negli ascensori, non riesco a non sentire. Perche' io so. Ed e' una perversione. E cosi' quando mi trovo tra i migliori e vincenti imprenditori non mi sento bene. Anche se questi signori sono eleganti, parlano con toni pacati, e votano a sinistra."
  • p. 251: "Natale era stato il primo sindaco di Casal di Principe che aveva posto come priorita' assoluta la lotta ai clan. Aveva per protesta anche abbandonato il consiglio comunale perche' secondo lui si era ridotto a luogo di ratifica di decisioni prese altrove."
  • p. 263: "Chiudersi, diventare silenzioso, quasi muto, una volonta' di scappare dentro di se' e smettere di sapere, di capire, di fare. Smettere di resistere, una scelta di eremitaggio presa un momento prima di sciogliersi nei compromessi dell'esistente."
  • p. 331: "Porsi contro i clan diviene una guerra perla sopravvivenza, come se l'esistenza stessa, il cibo che mangi, le labbra che baci, la musica che ascolti, le pagine che leggi non riuscissero a concederti il senso della vita, ma solo quello della sopravvivenza. E cosi' conoscere non e' piu' una traccia di impegno morale. Sapere, capire diviene una necessita'. L'unica possibile per considerarsi ancora uomini degni di respirare."

Porto morente

giovedì 18 febbraio 2010

Ho iniziato da poco ha leggere 'Gomorra', il libro che ha lanciato e consacrato il giornalista Roberto Saviano come scrittore. Il primo capitolo di questo libro parla del porto di Napoli e della sorprendente rapidita' con cui le merci che arrivano dalla Cina vengono smistate e fatte partire per le piu' disparate destinazioni d'Europa, eludendo di fatto ogni controllo da parte della Guardia di Finanza.

In questo periodo, mi sono trovato spesso a leggere articoli sulle vicende umane, prima ancora che economiche, che stanno avendo luogo in un altro grande porto del Sud. Mi riferisco al porto di Gioia Tauro.

Qualcuno si chiedera' dove mai posso aver trovato cosi' tanto materiale sul porto di Gioia Tauro. Un posto di quel Sud dimenticato dall'economia che conta. Oltretutto in un momento dove sono tante altre - e magari anche piu' rilevanti - le realta' lavorative dove la crisi sta lasciando il segno. Voglio limitarmi a dire solo che non sto andando a cercare alcuno straccio di notizia sul porto, ma semplicemente sto leggendo da fonti che riescono a dar voce a situazioni che sono degne di essere rese note all'opinione pubblica, e non soltanto ad avvenimenti che il ceto medio si aspetta di sentire. E questo continuo tam-tam - unito anche al fatto che il porto e' collegato saldamente alle mie origini - ha finito per pesare sulla mia coscienza e farmi di conseguenza riflettere in merito. Il primo capitolo di Gomorra poi, mi ha suscitato un raffronto tra queste realta' colpite dal cancro dell'illegalita'.

Penso che ci sia una differenza enorme tra Napoli e Gioia Tauro. Se mai anche a Gioia Tauro si fosse innescato un meccanismo di elusione come quello che avviene a Napoli secondo quanto raccontato da Roberto Saviano, non ci sarebbe via di fuga dalla terra ferma per le merci che arrivano dalla Cina e dal porto intraprendono la strada che giunge all'acquirente finale. Si perche' una delle grandi disattenzioni della classe politica verso questo lembo di Calabria, e' proprio l'idea che attorno al porto si potessero sviluppare attivita' che avrebbero rilanciato l'economia calabrese, senza sforzo alcuno e, nella fattispecie, senza nemmeno predisporlo di strutture di comunicazione idonee, che favorissero gli scambi commerciali.

D'altra parte, Gioia Tauro era nato come porto di transhipment. Ma nella vasta area industriale che si sviluppa tutt'intorno, doveva realizzarsi un sistema di imprese che poteva dare impiego a decine di migliaia di persone. Di Calabresi e non solo, che avrebbero potuto finalmente veder compiuta la chimera di vivere piu' dignitosamente e nel rispetto della legalita'.

Come porto di transhipment, Gioia Tauro era diventato il primo bacino del Mediterraneo per numero di container movimentati all'anno. E sull'onda di questi risultati, si sarebbe dovuto continuare ad iniettare iniziative finalizzate a consacrare il raggiungimento di un obiettivo mai centrato.

E invece no. Anche dal Nord sono venuti a succhiare le mammelle del parlamento di Bruxelles, per poi darsela a gambe levate. Non si sa se per paura della malavita o perche' erano loro i malavitosi. O forse solo perche' la politica e' stata miope al punto che non ha capito che doveva costruirci le infrastrutture intorno. La Salerno-Reggio Calabria, un vero collegamento ferroviario con la vicina linea ferroviaria e l'ammodernamento della stessa. Altre banchine e politiche di concessione che attirassero investimenti stranieri. Come pure l'ipotesi del porto franco era un'idea che ben si addiceva a Gioia Tauro e che la politica non ha mai preso seriamente in considerazione.

Oggi il sogno sembra definitivamente tramontato. La Medcenter Container Terminal (societa' del gruppo Contship Italia) ha annunciato il licenziamento di 450 dei poco piu' di mille dipendenti che lavorano nel porto di Gioia Tauro. Un consiglio regionale con il piu' alto numero di consiglieri inquisiti (tre per mafia e quattro per l'inchiesta 'Why Not' di Luigi de Magistris) e un governo con otto ministri tra Lombardia e Veneto, non sono sicuramente di buon auspicio per l'inversione di rotta, per quanto la ripresa economica possa essere vicina.

Egoismi americani

domenica 16 marzo 2008

L'apertura di nuovi mercati ha sconvolto un po' la vita di tutti. Anche quella di coloro che l'hanno osannata. Primi fra tutti gli Americani. E, secondo il mio punto di vista, mai piu' di adesso stanno esponendo il loro egoismo.

Dalle mie parti, si suole dare del 'cazzone americano' per dire che uno e' proprio un minchione. Io penso che gli epiteti coneati dai nostri predecessori, come pure i detti, hanno sempre un solido fondamento di verita'. D'altronde, i miei avi hanno avuto modo di conoscere bene di che pasta sono fatti gli Americani prima per la liberazione dell'Italia dal fascismo ad opera loro, e poi per l'immigrazione che ci ha visti sbarcare in quantita' nel nuovo continente.

Allora non esito a pensare che il loro egoismo altro non e' che qualcosa di ancor piu' commiserevole.

Forse ci si doveva guardare bene dal diffondere repentinamente il liberismo americano in paesi come India, Cina, Corea, Singapore e Indonesia (insieme coprono una popolazione che e' quasi la meta' della popolazione mondiale), ma evidentemente contro le scellerate pressioni delle grosse multinazionali ad aprire le porte di nuovi mercati, l'America nulla di meglio ha saputo fare se non benedire la 'conquista' dell'Est.

Oggi la corsa di questi paesi verso la modernizzazione ha sensibilmente variato la domanda di beni di prima necessita'. E' normale, quei paesi che stanno conoscendo l'industrializzazione stanno alzando giorno dopo giorno il loro tenore di vita. Cambiano le abitudini, quindi, di un sempre piu' alto numero di persone di quei paesi. Anche quelle alimentari. Ad esempio, molte persone si possono permettere di mangiare la carne bovina a tavola. Quindi, diciamo che mediamente un cinese consuma un chilo di carne bovina in piu' rispetto all'anno precedente. Questo si riflette in un grosso aumento di capi bovini da allevare. E quindi nel consistente aumento di produzione di cereali. Potrebbe essere questa una spiegazione del perche' il prezzo dei cereali e' cresciuto cosi' tanto.

D'altra parte, l'industrializzazione di suo richiede l'impiego di macchine e, quindi, di combustibile per farle funzionare. Non e' difficile immaginare che il progresso di questi paesi abbia fatto impennare il fabbisogno mondiale di combustibile. Avrei due congetture da esporre a seguito:


  1. La corsa degli Americani per la 'conquista' del medioriente

  2. L'America che non mette mano alle proprie scorte di petrolio e piuttosto si mette a produrre migliaia di tonnellate in piu' di mais a discapito della produzione di grano e soia

Mi viene da pensare che la frenetica individuazione di motivazioni valide contro l'Iraq, l'Afghanistan e l'Iran altro non e' che una conseguenza della logica seguita in questa argomentazione. La crociata americana in medio oriente avrebbe garantito la tensione giusta per tenere alto il prezzo del petrolio e, soprattutto, il controllo del petrolio (Come poi oggi si e' verificato). L'America - nella figura delle grandi multinazionali petrolifere - in questo modo vedrebbe realizzata la massimizzazione dei profitti completata dalla elevata domanda di combustibile causata dalla enorme e sempre piu' crescente richiesta dei paesi dell'estremo oriente asiatico (come penso che si stia verificando).

Probabilmente, il benessere dei paesi dell'Est asiatico e' esploso troppo in fretta. Ma sicuramente l'economia mondiale si sarebbe saputa autoregolare per soddisfare anche la crescente richiesta di carni bovine ovvero di cereali necessari agli allevamenti di carne bovina. Tuttavia, il boom della domanda di combustibile ha spinto molti paesi al cambio di destinazione delle colture di grano e soia in colture di mais. Infatti, al contrario di cio' che ci si aspetterebbe, la produzione di mais non e' aumentata per alimentare un numero crescente di capi bovini da macello, ma per aumentare la produzione del piu' remunerativo combustibile (ndr biocarburanti). Tra gli altri effetti ottenuti da questo scossone delle abitudini alimentari mondiali, c'e' stato l'aumento del prezzo delle farine, con conseguenze che si annunciano devastanti per i paesi piu' poveri. In prima fila, tra quelli che hanno attuato questo gioco, troviamo gli Americani che sono i primi produttori di mais al mondo. Nel loro stile, non hanno guardato in faccia nessuno. Infatti, il governo ha incentivato la produzione di biocarburanti (anche se risaputamente si possono produrre in modo piu' naturale - generando meno inquinamento - dalla canna da zucchero, favorendo tra l'altro l'economia di un paese povero come il Brasile). Oltretutto, gli Americani detengono grosse scorte di petrolio e sicuramente potevano fare scelte piu' altruiste.

Difatti, cio' dovrebbe dare un fondamento piu' solido ad uno dei fenomeni scaturiti dall'apertura affrettata dei nuovi mercati o, se si preferisce, dalla nuova ondata di 'egoismi americani'.

In conclusione, tutti dovremmo tenere ben chiaro in mente un'obiettivo fondamentale a cui si mira ovvero il benessere dell'essere umano e dell'umanita'. Ancor di piu' dovrebbe essere chiaro che lo strumento fondamentale per il raggiungimento di questo scopo e' la redistribuzione del benessere che attualmente detiene sono una piccola fetta del pianeta, e di quello che si produrra' in seguito. E in tutto questo non c'e' spazio per scopi subdoli. Gli effetti cominciano a pregustarsi e potrebbero non risparmiare nessuno..

Search

Tag Cloud

Archive

recent Post

Link

Blogroll

Feed

All Post

ADS