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Il buon olio

mercoledì 05 maggio 2010

Chi mai mi avrebbe svelato che il segreto per comprendere la bonta' dell'olio che a casa mia si usa per condire ogni pietanza era quello di andare a vivere lontano dalla Calabria? Per far certe esperienze necessita che si sviluppino per caso e che il senso critico un giorno ci si soffermi sopra. Poi, forse, vien fuori l'amore per tante cose care, ma mai apprezzate come meriterebbero.

L'uomo per sua natura compie dei cicli. Nei confronti della famiglia, ad esempio, sin da neonato si attacca al seno della propria mamma. Poi cresce e si avvicina al padre. Dopo l'adolescenza vive un contrasto con i genitori e dal successivo distacco avviene il piu' importante processo di maturazione dell'individuo. Segue il riavvicinamento della persona maturata ai propri genitori.

Sono convinto che anche nei confronti della terra e della natura, l'uomo e' soggetto ad un ciclo che corrisponde all'intero arco della sua vita. L'avvicinamento piu' intimo avviene man mano che l'uomo assume la consapevolezza della fedelta' inoppugnabile che deriva da un rapporto sincero con essa.

Forse pero' e' solo un caso che mio padre si sia prodigato - e continua a prodigarsi - sempre piu' per i propri ulivi, e forse e' un caso anche che io comincio ad essere affascinato e meravigliato da questo frutto della congiunzione dell'uomo con la natura.

I piccoli appezzamenti di proprieta' della mia famiglia sono coltivati quasi esclusivamente ad ulivi. Un tempo rappresentavano solo l'alienazione dalla mia infanzia. Qualcosa peggio se solo penso al forte odore che da ottobre e per tutto l'inverno impregnava la Piana di Gioia Tauro e i paesi preaspromontani. Era l'odore della 'murga' (dal greco 'amòrghe'), ovvero dei residui del processo di molitura delle olive che porta all'ottenimento dei raffinati oli da tavola calabresi, spesso riversata incautamente dai frantoi nei canaloni e addirittura per strada.

Non vi era strada di campagna che si attraversava e non si trovava una squadra di donne in lontananza, dedita alla raccolta delle olive. Piegate sulle gambe ai limiti del contorsionismo, avvolte nelle lunghe vesti e nei loro abiti scuri, si prodigavano ai piedi di quelle piante gigantesche che prevalevano su tutto, nella meticolosa raccolta di questo frutto prezioso.

Oggi, parecchi di quegli maestosi uliveti sono stati estirpati, per dar spazio a nuove colture, o abbandonati. In buona parte dei casi gli alberi sono stati potati, ridotti alla meta' dell'altezza che un tempo raggiungevano. O forse e' solo un fugace ricordo del mondo visto da bambino. Ma le fronde le ricordo bene. Quelle erano meno spoglie, sicuramente.

E poi, per le strade che attraversano le campagne, vedi sporadici gruppi di persone con macchine agricole che hanno cambiato radicalmente il processo di raccolta. Ma non la difficolta'. Quella e' sempre la stessa. Magari cio' che si e' riuscito a perseguire e' portare in frantoio un frutto che dara' un olio di una qualita' migliore.

Anche i frantoi sono cambiati. Un cambiamento dovuto. Ma che si traduce in nuovi ostacoli per la fragile industria olearia, come spesso ha cercato di farmi capire Antonino Mandaglio (alias Tony), mio carissimo amico imprenditore nel settore (Attiqua). Lui e' uno di quelli che il cambiamento lo accetta e lo guarda in faccia. Si e' adeguato a tutto cio' che la legge richiede, con lo sguardo proiettato verso il futuro, rischiando come spesso da quelle parti non si fa'.

Con lui e papa' ho appreso e discusso dei cultivar di olive che risiedono nei nostri appezzamenti. Poi ho dato anche un po' uno sguardo in rete. E cosi' mi sono fatto un'idea sulle varieta' di olive presenti nei nostri uliveti (Schede tecniche cultivar da olio).

Gli ulivi storici, quelli che dominavano - e oggi dominano un po' meno - le campagne della Piana di Gioia Tauro, sono piante tipiche del luogo. Si tratta del cultivar sinopolese. Una pianta di questo tipo puo' raggiungere anche dimensioni di venti metri. Al cospetto il frutto prodotto e' di dimensioni estremamente ridotte. Non supera i due grammi. Ha una forma allungata e di colore scuro, a maturazione completata. Date le dimensioni, pero', una pianta sinopolese puo' produrre quantita' considerevolmente elevate di olive nelle annate di carica, anche se la resa non e' percentualmente alta.

All'oliva sinopolese, con il tempo, si e' cominciato a preferire l'oliva ottobratica, una varieta' caratteristica esclusiva della provincia di Reggio Calabria e cosi' detta per il periodo di maturazione ideale. Un frutto di forma ovale a dal colore violaceo intenso, con un rendimento basso. Oltretutto attaccabile da determinati insetti. Le piante hanno una produzione alternante, con elevata produzione nella annata di carica.

L'oliva ottobratica puo' dar origine ad un olio con buone caratteristiche di conservazione di color giallo dorato velato, con un odore vigoroso caratteristico e un sapore amaro e piccante in proporzioni contenute. Ottimo a crudo su tutto (da L'ottobratico).

Per coltivare un nuovo terreno nudo invece mio padre, dopo essersi consultato con degli agronomi competenti, ha optato per dei cultivar di ulivi di varieta' roggianella.

L'oliva roggianella ha una forma sferica, un calibro medio-grosso e di colore nero, a maturazione completata. Resiste bene alle malattie tipiche dei cultivar di oliva. Le piante hanno una produzione abbondante e costante. L'olio che ne deriva e' di ottima qualita'.

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