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UEFA Euro 2012 e Julia Timosenko

domenica 03 giugno 2012

Anche a noi Italiani che di politica estera ci interessiamo davvero poco, come se fosse qualcosa di marginale per la nostra societa' e per il nostro futuro, ci sara' capitatato di non passare indifferenti davanti a qualche servizio televisivo o a qualche foto sul giornale di una bella donna dai capelli biondi con una lunga treccia raccolta sul capo, collocata in mezzo ad una cerchia di personaggi che dall'aspetto rispondono allo stereotipo di politico, presentata come il massimo rappresentante di uno stato post-sovietico, quale l'Ucraina.

A molti la sua immagine avra' suscitato l'idea di un comunismo morto e sepolto, di un rinnovamento e di un cammino verso la democrazia che ha bruciato tutte le tappe, volgendo a vele spiegate verso orizzonti mai immaginabili per gli stati dell'Est.

Pure a me ha fatto piacere pensarlo. E, sebbene non abbia seguito molto da vicino la storia di questo giovane stato, la Rivoluzione Arancione mi ha emozionato. Mi ha fatto pensare a come l'uomo riesca a prendere coscienza dell'obiettivo del bene comune e riesca ad appropriarsi della propria vita, intesa nel senso piu' puro del termine. E se tanto fascino possono arrecare eventi come questi in una persona, non e' certo solo perche' si e' altruisti a tal punto da empatizzare certe vittorie umane cosi' lontante che apparentemente non potranno mai lambire il proprio modo di essere. Difatti, esse sono uno stimolo anche per chi certi problemi li ha abbondantemente superati. Semplicemente perche' la democrazia in cui si pensa di operare, in realta' e' uno strumento che va raffinato per incarnare il vero senso del termine.

Julia Timosenko, ex premier ucraino, e' in carcere dall'agosto del 2011 ed e' stata condannata a sette anni di reclusione per abuso di atti di ufficio. E' stata accusata di aver comprato il gas dalla Russia ad un prezzo piu' alto di quello che ha pagato la Germania. Sulla vicenda si e' gia' pronunciato gia' il Comitato di Helsinki per i Diritti Umani, concludendo che l'ex premier aveva semplicemente preso una decisione politica.

L'Ucraina e' attualmente guidata da Janukovic (*), che la Timosenko ha scansato con l'aiuto del 'popolo arancione' nel 2004, quando gia' il premier russo Putin si apprestava a salutarlo come nuovo presidente. Dall'8 giugno al 1 luglio l'Ucraina ospitera', assieme alla Polonia, l'edizione 2012 degli europei di calcio (UEFA Euro 2012).

La Germania e' stato uno dei paesi che piu' di altri si e' mostrato paladino della difesa di Timosenko, ritenendo che ha bisogno di cure che l'Ucraina non puo' garantire e ha dato la propria disponibilita' per prestare l'assistenza medica necessaria. Si sostiene, che il peggioramento delle patologie di cui gia' la Timosenko soffriva gia' da tempo sia attribuibile alle condizioni precarie che le vengono riservate in carcere. Infatti, ha trascorso la prima parte della sua prigionia in una cella di appena sedici metri quadrati, priva di ogni minimo comfort (se si esclude un misero televisore), del carcere penale femminile di Charkiv, citta' ucraina ai confini con la Russia. Oggi e' stata ricoverata nel vicino ospedale delle ferrovie, appositamente attrezzato per le sue cure, avendo l'Ucraina respinto le richieste della Germania.

Tutto suona come un complotto. Uno di quegli sporchi complotti su cui pende l'ombra della Russia rabbiosa per aver perso il controllo di quelli che un tempo costituivano la nuvola di 'stati-satellite' dell'impero sovietico. Sarebbe a questo punto del tutto lecito avallare l'idea del sabotaggio di UEFA Euro 2012, portata avanti in un primo tempo da potenze come la Germania, mitigata dalla Polonia (nonostante la critica aspra alla politica adottata dall'Ucraina), e poi definitivamente scongiurata.

Tuttavia, non si puo' prescindere della storia passata della Timosenko per arrivare ad una conclusione individuale e quindi ad una presa di posizione dei singoli che nel complesso possa avere un peso nel cosmo della politica internazionale.

Julia Timosenko e' originaria di Dnipopetrovsk, dov'e' stata cresciuta dalla madre Ljudmila, operaia di fabbrica. La sua intraprendenza e' venuta fuori appena maggiorenne, quando ha sposato Oleksandr, figlio di un funzionario di partito. Da lui ha avuto una figlia, Evgenija, che adesso vive all'estero e sostiene vivacemente la causa della madre. In quegli anni ha avviato l'attivita' di noleggio di videocassette. Ma la vera svolta l'ha avuta con l'avvento del crollo del comunismo allorquando un investimento nella borsa russa le ha reso possibile ricavare un bel gruzzolo di soldi.

Ha cosi' partecipato all'acquisto di alcune aziende di stato e successivamente ha fondato il consorzio energetico UESU ('Sistemi energetici uniti d'Ucraina') il cui fatturato si aggirava attorno ai dieci miliardi di euro. Dopo la prima incarcerazione nel 1995, sostanzialmente in conseguenza di affari stipulati con imprenditori corrotti e della caduta di potere da parte del suo protettore politico, decide di intraprendere in prima persona la strada della politica in qualche modo per sopravvivere nel panorama economico ucraino.

Un aspetto che in Italia la farebbe associare a Berlusconi. Tuttavia, i fatti raccontano una sua sincera devozione all'instaurazione della legalita' in Ucraina, relegandosi ad una vita piu' sommessa e facendo delle cospicue donazioni a favore della comunita' e delle universita', in termini sia di denaro che di beni di prima necessita'. La sua ascesa politica trova diversi ostacoli e in particolar modo e' temporaneamente bloccata nel 2001 quando sopravviene un nuovo arresto e lo smantellamento delle sue aziende, dopo che ha tentato di imporre delle regole per far pagare le tasse e aumentare la concorrenza nell'imprenditoria energetica ucraina.

Questa tappa della vita della Timosenko sembra essere fondamentale per la formazione della sua cultura politica e per la determinazione che le permettera' di arrivare a diventare premier nel 2005. E il cambiamento e' enfatizzato in tutto il suo potere impressivo dal look che e' il marchio che ha cattuarato almeno una volta anche quella maggior parte delle persone che non seguono la politica, men che meno quella interna dell'Ucraina.

Adesso, quindi, si ha un quadro tale da potersi mettere nelle condizioni di decidere se guardare il prossimi europei calcio (anche se realmente motivi per non seguire il calcio ce ne sarebbero gia' tanti). Se non fosse che tale visione piu' ampia dello scenario mostra dei veri grovigli e rende quindi piu' ardua ogni decisione su quale parte prendere.

Alla base di tutto c'e' l'intreccio 'politica-economia', la cui pretesa di renderlo di fatti (e non solo con le parole) inammissibile, escluderebbe o almeno ridurrebbe al minimo la possibilita' che i politici agiscano in malafede. In un tale quadro anche Julia Timosenko potrebbe essere facilmente scagionata da qualsiasi accusa infame le venisse mossa contro, non solo da persone senza scrupoli 'filo-sovietiche'.

Diversamente, questo caso sarebbe un buon esempio di un politico che paga quando commette uno sbaglio che tocca una comunita' di persone ampia quanto una nazione. Chi non riterrebbe giusto che danni di proporzioni cosi' ampie non venissero cosi' pagate da chi ha le responsabilita' delle decisioni che le hanno causate? In un contesto a noi piu' familiare, qualcuno ricorda Duilio Poggiolini e le truffe alla sanita' e puo' affermare che ha subito lo stesso trattamento dei presunti reati commessi dalla Timosenko?

Giusto per richiamare qualcosa di piu' confrontabile, piu' recente e piu' eclatante, qualcuno ricorda che nel 2010 il ministro della Sanita', Ferruccio Fazio, ha regalato milioni di euro alle case farmaceutiche per comprare dei vaccini totalmente inutili? Senza escludere che forse l'istituzione del Ministero della Salute e la nomina di Fazio a ministro della Salute e' stato solo un modo per coprire Maurizio Sacconi, che in precedenza copriva la guida del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nello stesso governo Berlusconi, anche essendo marito del direttore generale di Farmindustria, Enrica Giorgetti.

Di tutta questa vicenda, qualcuno ricorda per caso se qualcuno di questi signori ha mai pagato? Oggi probabilmente molti dei nuovi poveri dovrebbero pesare sulla loro coscienza e noi ci dovremmo sentire sereni quando guardiamo una partita di calcio alla televisione.

L'Italia si togliera' la scarpa

sabato 17 aprile 2010

Garibaldi nella sua tomba e' gia' da un pezzo che stara' dando segni di insofferenza. Gli Italiani invece ancora no. Mi riferisco a quelli che sono a favore dell'Italia unita come la storia l'ha disegnata. Si, perche' gli altri invece - almeno quelli che sono consapevoli di cio' che sta avvenendo - staranno sogghignando in attesa che qualcosa di palese e corrispondente alla loro immaginazione, si compia.

Leggo oggi - e ho quindi la conferma - che quello che tanti sospettano, e' una verita' che si sta perpretando alle spalle di tante persone che vivono all'ombra dell'ottimismo che oggi viene da piu' parti profuso. O, viceversa, all'ombra di un malessere imposto che non da' spazio alla visione dei problemi al di la' di poche decine di centimetri del proprio campo visivo.

Mi riferisco ad un isolamento progressivo. Quello che oramai e' visto come un pezzo incancrenito della nostra Italia: la Calabria, e forse anche le zone ad esse attigue.

Per rendere piu' chiaro quello che voglio dire, riporto l'articolo intitolato 'Arance made in Italy (o quasi)' de 'Il Fatto Quotidiano' di oggi.

Sono rammaricato da come le risorse piu' belle che questa terra possiede vengano lasciate svalorizzarsi, incuranti del benessere che possano portare per la Calabria e per l'Italia tutta.

Gli aranceti, tra queste, sono gia' saltati agli onori della cronaca per i fatti di Rosarno di qualche mese fa. Ma forse in pochi hanno capito che la causa alla base di questi episodi incresciosi sono da ricercarsi nella caduta del valore delle arance della Calabria. Non certo del cuore immenso dei cittadini onesti che vivono di agricoltura a Rosarno. Molti meno sono consapevoli che le responsabilita' dell'essere arrivati a questa situazione sono chiare e non sono da ricercarsi tra gli agricoltori che non sanno dare valore al proprio prodotto.

Luigi Marino, di cui ho avuto difficolta' a trovare notizie in rete oltre la carica che attualmente ricopre ovvero presidente di Confcooperative (ndr: per il resto si e' guardato bene dal preservare la propria privacy professionale.. :-||), nell'articolo sopra citato afferma, indegnamente o obiettivamente, che il succo delle arance calabresi non puo' essere parte dei succhi di arancia che arriva al consumatore.

Sara' anche vero. Ma perche' il ministro delle Politiche Agricole non riesce a dare delle linee guida per riconvertire le colture della nostra Calabria affinche' si ritorni presto ad essere di nuovo protagonisti di questo mercato? Perche' lascia che questo mercato ci venga tranquillamente sottratto da concorrenti esteri che portano i loro prodotti da migliaia e migliaia di chilometri di distanza dall'Italia e da paesi che non sappiamo nemmeno a quali regole di lavoro soggiacciono?

Beh! Se andiamo ad indagare piu' da vicino chi era il nostro ministro ai tempi dei fatti di Rosarno, ci accorgiamo che si trattava di un certo Luca Zaia, leghista, che si e' occupato prevalentemente (per non dire esclusivamente, come si puo' vedere dal sito del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali) di fatti che piu' da vicino interessano il settentrione d'Italia.

Oggi, Luca Zaia ha 'abdicato' in favore di Giancarlo Galan (viceversa, Zaia siede alla poltrona di governatore del Veneto che era in precedenza occupata da Galan). E dalle prime battute di questo mandato la musica non sembra - prevedibilmente - essere cambiata.

Ma la Calabria ha altre risorse, fortunatamente. Il turismo, ad esempio. Peccato pero' che ovunque si vada a cercare un ente che possa aiutare l'Italia a rimanere unita, si trovano persone che il senso dell'unita' non ce l'hanno nemmeno lontanamente nella propria immaginazione.

Il Ministero del Turismo (di cui ad oggi non e' noto il sito ufficiale) e' capitanato da Michela Vittoria Brambilla. Di questa persona, quello che mi e' rimasto impresso e' senz'altro una puntata di Ballaro', subito dopo il suo insediamento, in cui da un suo scontro verbale con Ignazio Marino, non e' venuta fuori alcuna intenzione di operare a fin di bene per il turismo del Sud.

Men che meno mi ha convinto il suo compaesano (ndr: entrambi sono nati a Lecco) nonche' viceministro del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Roberto Castelli che si e' esibito piu' volte in show agghiaccianti di uomini di governo che parlano solo a favore della propria regione di appartenenza, sia in materia di turismo:

che non:

E' giusto allora che ciascun Italiano che vuole un'Italia unita, indaghi per scoprire se e' stato ingannato o se si e' responsabilmente distratto da un dovere che accomuna tutti quelli che la pensano come lui. Possibilmente presto. Prima che l'Italia decida di togliersi la scarpa.

Tutto ha un limite

lunedì 08 febbraio 2010

Sono piacevolmente esterrefatto (se cosi' si puo' dire) per l'articolo che oggi ho letto su La Repubblica.it (La strada di Alfano diventa "Via vergogna" protesta ad Agrigento contro la riforma). Anche nel profondo Sud, e in particolare in Sicilia (terra, a quanto pare, particolarmente cara al premier, visti i numerosi uomini di governo che occupano delle comode poltrone nei palazzi della politica a Roma), qualcuno ha manifestato sdegno nei confronti delle leggi ad personam che questo governo cerca di varare a tutti i costi, con priorita' assoluta anche su problemi che stanno raggiungendo i culmini della drammaticita'.

Ad Agrigento, qualcuno ha sostituito la targa della via dove abita il ministro della Giustizia Angelino Alfano, con una che rinomina tale strada in 'via Lodo Alfano (Vergogna d'Italia)'. Dove non v'e' dubbio alcuno che il 'via' che era un sostantivo e' diventato un avverbio (se ben ricordo l'analisi grammaticale che mi e' stata insegnata alle scuole elementari! ;-)).

Lo trovo un modo intelligente e pacifico per disapprovare l'operato di un governo.

E' quasi ovvio sottolineare quali sono i problemi drammatici del momento, ma non e' superfluo rimarcarlo. Posti di lavoro che saltano all'ordine del giorno. Una situazione che sembra che vada dritta verso l'incontrollabilita'. Principalmente per una sorta di psicosi da crisi che sta colpendo un po' tutti, dall'imprenditoria agli operai. E in tutto questo, le istituzioni si stanno facendo cogliere impreparate.

E' il caso delle delocalizzazioni operate da parte di grosse multinazionali che in Italia si erano insediate con realta' importanti come Yamaha a Lesmo, Glaxo Smith Kline a Verona, Nokia a Cinisello Balsamo, Alcoa in Sardegna e la FIAT a Termini Imerese. E' il caso del porto di Gioia Tauro dove 450 dipendenti rischiano di rimanere a casa. E' il caso di medie e piccole aziende che sulla scia delle strategie delle grandi imprese, sono costrette a chiudere i battenti. E tanti altri casi di perdite di lavoro si potrebbero citare (Eutelia, Biasi, Merloni e cosi' via).

Tutto sembra surreale. E spesso affiora una sensazione che la crisi sia solo un alibi per giustificare una rinuncia ad investire in Italia che nasconde delle verita' che rivelano la debolezza della nostra classe politica e degli strumenti che ha disposto per proteggere il lavoro e i lavoratori. Suona come se le istituzioni siano in preda ad un ricatto da parte delle grandi aziende per avere agevolazioni che consentano loro di aumentare quanto piu' possibile i profitti.

Difatti, se ci pensiamo, la FIAT e' un'azienda che fino a pochi mesi fa aveva un trend di vendite costantemente positivo. E la bonta' della classe imprenditoriale dovrebbe essere in grado in momenti cosi favorevoli di avere anche una certa lungimiranza finalizzata a dare stabilita' nel tempo. Come pure la Glaxo lo scorso hanno ha ottenuto 24 milioni di euro per finanziare propri progetti di ricerca.

Non e' concepibile continuare a finanziare realta' cosi' grosse che hanno tutti i numeri per autofinanziarsi. Come pure non e' possibile che chi lavora deve essere in balia dei capricci bizzarri di aziende che tengono per le palle le istituzioni. In un caso e nell'altro e' sempre il cittadino a rimetterci. E' solo l'ora che la classe politica cominci in fretta ad attrezzarsi di strumenti seri che combattano questi soprusi. Anche la riforma della giustizia - quella nell'interesse di tutti - puo' aspettare.

Oltre il Caucaso

mercoledì 24 settembre 2008

Si parla sempre piu' di rado del conflitto del Caucaso che nella seconda meta' dell'agosto appena trascorso, ha arroventato i rapporti tra l'occidente e la Russia. Io ne avrei voluto parlare subito, ma ho voluto 'saggiamente' aspettare per evitare gaffes dovute all'allora poco chiaro evolversi dei fatti.

Premetto subito che la mia sensazione originaria che una responsibilita' indiretta degli Stati Uniti ci sia, e' intatta. Tuttavia, mi preme per questo puntare il dito contro Putin per la grossa ingenuita' di cedere alle provocazioni di Bush - nelle vesti del presidente georgiano Saakashviili, proprio nel periodo piu' delicato della campagna elettorale per le presidenziali in America (gesto insano che finira' inevitabilmente per favorire i repubblicani nella corsa alla Casa Bianca).

D'altra parte, chi ha un'idea chiara di chi possa essere Putin? Io personalmente non riesco a farmene un'idea precisa. E' colui che sta faticosamente (e non poteva essere altrimenti) riportando a galla la Russia. Ma e' anche colui che ha ordinato stragi nella regione separatista della Cecenia. E poi non dimentichiamoci dell'omicidio misterioso di Anna Politkovskaja. E tanti altri atteggiamenti discutibili in cui il 'presidente' e' coinvolto, ancora potrei elencare.

Assolutamente non si puo' far a meno di citare, tra i lati oscuri di Putin, la sapiente (o abusiva, dipende dal punto di vista) mossa politica da lui escogitata e messa in atto, che nonostante i due mandati consecutivi come presidente, lo relega ancora verosimilmente alla guida della Russia (*).

E' pur vero che forse la Russia non si poteva assolutamente permettere un personaggio nemmeno un pelino meno intransigente di Putin, se voleva riscattarsi dall'umiliazione del crollo dell'impero sovietico.

Le intenzioni di un riscatto, comunque, ci sono tutte. Gia' la guerra lampo in Ossezia del Sud e Abkhazia sono un avvertimento per gli Stati Uniti, ancor piu' che per gli stati dell'ex Unione Sovietica (Georgia e Ucraina in primis) e del patto di Varsavia in generale (Polonia nella fattispecie), in modo che capiscano che difatti hanno riconosciuto l'indipendenza del Kosovo al pari di come la Russia ha riconosciuto l'indipendenza delle due regioni caucasiche. E con cio' non voglio giustificare ne' la Russia ne' gli Stati Uniti, ma voglio solo enfatizzare come sono stati proprio gli Stati Uniti ad aver creato un precedente pericoloso che non ha impiegato tanto a rivelarsi una potenziale bomba ad orologeria.

Quel che piu' mi lascia perplesso e mi fa' ancora restare fermo sulle mie convinzioni che la questione del Caucaso non ha origine nell'aggressivita' russa, e' tutta una serie di azioni che stanno prendendo piede nei dintorni del territorio russo ad opera degli Americani. Basta citare lo scudo antimissile in Polonia e la presa di posizione affinche' Georgia ed Ucraina entrino quanto prima a far parte della NATO. L'obiettivo e' chiaro ed e' in netto contrasto con gli accordi che la stessa America fece con Gorbaciov, quando costui mise in atto il passaggio storico che contraddistingue la storia moderna ovvero la fine della guerra fredda.

E qui tutto rimane fedele alla mia linea di pensiero riguardo gli Americani e ai soliti giochetti sporchi a cui sogliono prestarsi.

'Me fai schifo!!!'

sabato 02 febbraio 2008

Il titolo del post e' riferito alla politica che stiamo conoscendo in questi ultimi anni.

Ieri sera ho raggiunto il culmine del disgusto. Ho visto poche scene di una trasmissione televisiva a seguito della caduta del governo Prodi, e poi ho detto <Basta!! Me fate tutti schifo!!>. Come suole dire un mio amico romano (non 'Romano'!!) soventemente quando cammina per le strade di Roma. Quando si arriva a superare ogni piu' ragionevole soglia del pessimo gusto!

In tutto questo discorso assumo che non ho tendenze politiche. E non la ritengo una restrizione questa, visto che se state qua' a leggermi mi trovate una persona ragionevolmente razionale e capace di fare un discorso super partes.

A parte la consueta magra figura che la nostra classe politica ci fa fare ogni qualvolta in Parlamento (o al Senato) i nostri 'rappresentanti' si esibiscono in un teatrino di basso livello, a cui peraltro la stampa (nazionale e non solo) ha dato gia' un notevole (e non poteva fare diversamente) risalto, il mio discorso si vuole incentrare su altri aspetti per me ancora piu' importanti e inspiegabilmente passati in secondo piano.

Io non mi riconosco nel modo di confrontarsi usato da i politici. Non e' degno per loro in quanto esseri umani. Ma non lo e' ancora di piu' per noi che ci rappresentano. E quel che e' peggio e' che tanto piu' si gasano quanto piu' sanno che la platea e' ampia. Forse questo e' emblematico della nostra epoca. L'epoca del Grande fratello. L'epoca in cui c'e' mania di esibizionismo. L'epoca in cui si arriva a fare di tutto pur di apparire.

Ma se questo esibizionismo esula dalla morale comune, dovrebbero essere loro i primi a mitigare queste tendenze. E invece no.

Io non ho accettato che dal primo momento che Prodi ha costituito il suo Governo, c'e' stato una gara a chi avrebbe fatto lo 'sgambetto'. E tutte le tecniche erano ammesse.

Posso accettare che un governo 'inciampi'. Sicuramente, non e' facile trovare le strategie che accontentino tutti e mantengano al passo una nazione con le altre. Ma non posso accettare nessuna giustificazione al tentativo spudorato di far cadere un governo.

Ma quello che ancor piu' non posso capire e' la passivita' che si assume di fronte a un simile atteggiamento. Non si puo' continuare a disinteressarsi di questo scempio come se sono cose che non hanno influenza sulla nostra vita quotidiana. Perche' non e' difficile guardarsi attorno e' osservare che cio' e' vero.

La stampa estera ci deride perche' non sappiamo risolvere il problema della spazzatura della Campania. Un ministro della giustizia che difatti avoca a se una inchiesta che lo vede indagato. Un presidente di una regione che continua a governare nonostante la condanna in I° grado a 5 anni di reclusione. E via discorrendo.

Ma non solo. E' anche abbassando lo sguardo alle cose che piu' da vicino ci toccano, che ci accorgiamo che non siamo tutelati dalla legge come in un comune stato civile. I camionisti fanno sciopero e il cittadino porta la peggio senza che lo stato riesca ad avere voci in capitolo. Le banche ci rifilano le obbligazioni emesse da societa' fallite e lo stato depenalizza i reati degli imprenditori. Gli incidenti diminuiscono, le assicurazioni riducono le spese e aumentano le polizze. E questo potrebbe essere solo l'inizio di una lunga lista.

E' tutto questo perche'? Perche' abbiamo una vecchia classe politica logorata dal miraggio della poltrona. Che e' disposta a tutto pur di governare, oltre ogni piu' ragionevole limite del pudore. Che non ha la volonta' di capire quanto puo' giovare a tutti un dialogo costruttivo per venire incontro alle necessita' di una nazione.

Invece, in questo clima aumenta la diffidenza del cittadino. Ma sarebbe il caso di interrompere questa sottomissione e pretendere che una nuova classe politica si faccia avanti. Una classe politica selezionata da noi tra le persone comuni in base ai principi puliti che questi portano innanzi.

Sicuramente potremmo pagare lo scotto dell'inesperienza. Ma non la dignita' della sottomissione.

Un'ultima parentesi che si inserisce in modo naturale in questa discussione, riguarda il fenomeno Grillo. Anche se per molti aspetti non combacia con le mie idee (nel senso che non condivido a pieno il suo modo di imporsi), penso che sarebbe la giusta onda da cavalcare, se proprio ognuno di noi non riesce ad uscire dal piu' comune dei luoghi comuni ovvero 'e io che ci posso fare?'. E' un'opportunita' da cogliere perche' fa' luce su misfatti che difficilmente i media (risaputamente conniventi con la politica) trasmettono ai cittadini, e perche' puo' dar eco alla voce delle persone comuni.

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