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L'eleganza del riccio

sabato 29 maggio 2010

Anche per questo libro, come per Gomorra, ho dovuto guardare il film prima di leggerlo. Ma c'e' una differenza sostanziale con Gomorra, perche' sono andato subito alla ricerca del libro da cui il film e' stato tratto, senza indugio.

Sia chiaro! Nessuna fretta di arrivare fino in fondo. Ma la brama (prima di iniziare a leggerlo) e il piacere (mentre lo leggevo) si e' manifestata nell'intensita' e la partecipazione che ho avvertito costantemente dal momento in cui ho visto il film fin quando ho completato la lettura.

Non e' stato un caso che la bramosia si sia trasformata in piacere. Questa opera della giovane scrittrice Muriel Barbery e' essenzialmente un omaggio all'Arte. E se c'e' qualcosa di veramente interessante che viene dipinto con molta chiarezza, e' come l'Arte sia il mezzo per l'essere umano affinche' si possa aggrappare all'eternita', sfuggendo alla bramosia che si materializza nella corsa incessante e vana di tutti i giorni, finalizzata alla realizzazione dei suoi progetti.

Il desiderio diventa croce e delizia della vita terrena. Oggi trasforma in una vittoria quello che ieri era sconfitta. E ci acceca davanti alla certezza che alla fine dei nostri giorni, tutti i castelli costruiti sono destinati a diventare polvere.

L'Arte, invece, e' la condizione a cui l'uomo dovrebbe aspirare. Provare piacere senza desiderarlo. E' il lato bello della realta' che astrae dall'inganno del tempo, che vanifica le gioie e le sofferenze dell'uomo relegato in una logica animalesca e incapace di far emergere l'emotivita' che lo distingue dalle bestie.

Muriel Barbery e' persuasa dal materializzare l'Arte con degli oggetti che esaltano il bello e il cui piacere visivo suscitato, prescinde dal tempo. Come le nature morte di Pieter Claesz. Ma anche e soprattutto con la camelia sul muschio. Un ornamento molto usato in Giappone.

Per arrivare ad esternare cio', e piu' in generale, il fascino della cultura giapponese, la scrittrice da' forma alla portinaia, Renee Michel, del condominio alto-borghese parigino al numero 7 di rue di Grenelle.

Renee si sforza di corrispondere allo stereotipo di portinaia. Ma nel tempo ha costruito la sua erudizione appartandosi nel suo rifugio, dove e' libera di gioire dei miracoli dell'Arte. Dal mio punto di vista, questa e' una perfetta metafora dei confini pressocche' netti del bisogno umano, che fuori da quell'antro diventano desideri. E in un certo qual modo, essendo madame Michel un personaggio per molti aspetti autobiografico, secondo il pensiero di Feuerbach (*), questo mostra una visione panteista della religione, da parte della scrittrice.

D'altra parte, la scrittrice ha un occhio critico anche per il pensiero marxista. Infatti, nell'incipit del libro, viene fatto riferimento a L'ideologia tedesca e a Tesi su Feuerbach in cui mi e' sembrato che venga sostenuto che l'opera di Marx non possa avere come risultato di imbavagliare l''hybris del desiderio' dell'uomo.

Mauriel Barbery descrive questo suo punto di vista in un dialogo tra Antoine Palliares, figlio di uno dei proprietari del condominio al numero 7 di rue de Grenelle, e Renee. Antoine racconta entusiasta di come il pensiero di Marx gli abbia aperto nuovi orizzonti. Ed e' gia' in questa situazione che Renee rischia di rivelare la sua dottrina, trovandosi sul punto di fare delle considerazioni sulle opere di Marx ('Chi semina desiderio raccoglie oppressione').

Il libro va avanti descrivendo la vita quotidiana di Renee e illustrando il suo pensiero su concetti come l'eternita'. Proprio a proposito dell'eternita' che sfugge, Renee mette in luce il fascino che prova per la cultura giapponese. E in questa occasione coglie una diversita' sostanziale nell'approccio alla vita che distingue gli occidentali dai giapponesi.

L'interesse per il Giappone e' uno degli aspetti che accomuna Renee all'altra protagonista del libro, Paloma, una bambina di 12 anni di famiglia ricca che vive nel condominio al numero 7 di rue de Grenelle. Paloma e' figlia di un deputato troppo preso dal suo lavoro e di una letterata con problemi di depressione, e sorella minore di Colombe, altezzoso e cinico personaggio che ben si adatta nel quadro di una tipica famiglia borghese.

Paloma ha la dote di una spiccata intelligenza che la porta ad avere una visione molto chiara della sua famiglia e a maturare la concezione della vacuita' dell'esistenza ('La gente crede di inseguire le stelle e finisce come un pesce rosso in una boccia'). Per questo decide di porre fine all'esistenza il giorno del suo tredicesimo compleanno. Fino ad allora si dedichera' ad annotare su un quaderno i suoi pensieri profondi.

Come conferma del fascino che la scrittrice prova verso la cultura giapponese, i pensieri profondi che Paloma annotera' saranno sintetizzati attraverso brevi poesie di tre o cinque versi. I giapponesi chiamano queste poesie 'hokku' e 'tanka' e possono avere un'espressivita' eccezionale. Come l'hokku che Paloma riporta quando illustra il suo piano di morte:

Con i gamberi
nei capanni da pesca
svariati grilli!

A sottolineare che sotto il tetto di un umile rifugio di pescatori ci possa essere molta piu' poesia di un appartamento parigino di quattrocento metri quadri, dove vive una famiglia borghese modello.

Prima di morire Paloma vuole anche dar fuoco all'appartamento dove vive con i suoi. Il tutto e' pianificato in modo che nessuno ci debba rimettere la pelle. Lo scopo e' di far soffrire i suoi familiari al fine di far capire loro il valore della sua presenza e cosa significa stare senza una casa ampia e da ricchi come quella della famiglia Josse.

La vita dei due personaggi scorre separatamente fino a quando non appare il personaggio chiave del romanzo, Kakuro Ozu. Monsieur Ozu e' un ricco Giapponese che va a vivere nel condominio di rue de Grenelle. Al primo incontro tra madame Michel e monsieur Ozu, la portinaia si lascia scappare l'incipit del celeberrimo romanzo Anna Karenina di Lev Tolstoj ('Tutte le famiglie felici sono simili tra loro'). Monsieur Ozu non ci mette piu' di tanto a completare la frase ('Ogni famiglia infelice e' infelice a modo suo').

Questa situazione fa andare in panico Renee, che si sente smascherata per la prima volta. Tuttavia, il caso vuole che monsieur Ozu viene a sapere da madame Rosen il nome del gatto di Renee, Lev. Questa e' una prova inconfutabile per Kakuro che dietro una insospettabile portinaia, si nasconde una persona con una cultura ben piu' marcata.

In seguito Kakuro incontra Paloma. Rimasti bloccati in ascensore per qualche minuto, i due hanno un breve dialogo in giapponese, che Paloma studia a scuola e di cui la signora Josse ha avuto modo di rifere a Kakuro. A Paloma salta subito all'occhio la chiarezza e la gentilezza di Kakuro, che si propone di correggere la pronuncia giapponese della bambina, piuttosto che - come normalmente accade per incontri casuali di questo tipo, limitarsi con una marcata dose di ipocrisia, facendo dei complimenti anche esagerati al principiante.

Il dialogo prosegue e Kakuro lo indirizza volutamente verso la portinaia. Paloma rimane affascinata da questa personalita' orientale e al contempo comincia ad incuriosirsi della figura di Renee. Una mattina, grazie alla tanto disdegnata sorella Colombe, Paloma bussa alla porta di Renee e da quell'incontro, non solo nasce un'amicizia, ma anche il cinismo di Renee comincia a dare i primi segni di cedimento.

Kakuro da' un seguito all'incontro fugace con la portinaia, facendole recapitare una copia molto wabi di Anna Karenina. Wabi e' un termine giapponese che significa 'forma nascosta del bello, qualita' di raffinatezza mascherata di rusticita'', e qui la scrittrice sembra intendere chiaramente di voler dare un'immagine all'Arte impersonandola in madame Michel.

Indefinite sensazioni affiorano in Renee che vengono eloquentemente descritte nella miriade di messaggi che tira fuori prima di scegliere la risposta all'omaggio di Kakuro. L'invito di Kakuro costituisce il risveglio di Renee. E la cena a casa di Kakuro suscita in me un 'piacere senza tempo'. Ogni dettaglio e' Arte. Dalla pittura olandese appesa ai muri, al Confutatis del Requiem di Mozart che parte in bagno quando si scarica l'acqua del gabinetto. E poi Tolstoj, rievocato oltre che dal nome del gatto di Renee, anche dal nome dei gatti di Kakuro, ovvero Kitty e Levin. E infine tanta cultura giapponese. Dalla cucina - lo zulo ramen, la gyoza e il sake', al cinema giapponese e al cineasta Yasujiro Ozu.

I monti di Kyoto paragonati al colore di un flan di azuki nel film Le sorelle Munekata, di Yasujiro Ozu, sono l'anello di congiunzione con il prossimo appuntamento tra Kakuro e Renee. Intanto, i rapporti tra i tre personaggi principali si intensificano e diventano piu' veri. Fino al terzo invito di Kakuro nei confronti di Renee, che avrebbe gran piacere di trascorrere insieme a lei la sera del suo compleanno.

Inspiegabilmente, alla presenza attonita di Paloma, Renee declina l'appuntamento. E da qui si sviluppa la scena piu' loquace di tutto il romanzo. Renee si sfoga in un pianto incontenibile, rivelando il trauma che la spinge ad evitare di infittire il rapporto con Kakuro. Si tratta del ricordo giovanile della sorella (Lisette) che e' stata prima sedotta da un giovane di buona famiglia e poi abbandonata. Cadendo poi in sventura, morendo subito dopo aver dato alla luce il frutto di quell'amore illusorio.

Lisette era bella quanto Renee intelligente. Renee pensava che Lisette era stata punita per aver usato la sua bellezza per uscire fuori dalla sua condizione sociale, a favore di una piu' agiata. Allo stesso modo, Renee pensava che se avesse usato il dono dell'intelligenza per entrare nella borghesia, il destino si sarebbe rivoltato anche contro di lei. E da qui la ricerca di nascondersi, sempre.

Paloma alla fine dello sfogo la tiene per mano. Renee sente dentro il sentimento di vera amicizia e di gratitudine, nonostante l'evidente asimmetria di eta'. Rafforzati dalla confessione di Paloma che comincia a credere che cambiare il destino sia possibile e dalla riconoscenza verso Renee perche' le ha restituito la speranza.

La speranza nasce dal fatto che Paloma capisce il perche' della sua sofferenza. Ovvero lo stare in una famiglia di persone malate, senza speranze per una guarigione futura. Per cui, il malessere di Paloma era da attribuirsi all'impossibilita' di fare del bene nel suo ambiente familiare. E tirannica sarebbe stata l'attuazione della sua idea di dar fuoco all'appartamento dei suoi e di togliersi la vita.

In fin dei conti la sua era una malattia. Ma con la differenza sostanziale con il resto dei Josse che la sua era curabile. E non c'era nulla di piu' giusto che affidarsi agli incontri felici che aveva da poco fatto, per redimersi da questo malessere.

In questo reciproco scambio di 'cure', materializzato in gesti di profondo amore, Madame Michel e la piccola Paloma si scoprono essere cosi' delle 'anime gemelle'.

Dopo lo sfogo, Renee supera le sue superstizioni e accetta l'invito a trascorrere con Kakuro la sera del suo compleanno. Kakuro, con magnanimita' e finezza che lo contraddistinguono, fa trovare un pacco con tutto l'occorrente sufficiente per agghirlandare Renee in una serata che si rivela speciale, e che regala forti emozioni reciproche che prescindono dall'effimero piacere fisico.

La serata termina con la sensazione mai provata prima da Renee, dello sguardo di un uomo che la fa finalmente sentire qualcuno, prendendole teneramente la mano e sorridendole con tutto il calore del mondo. Kakuro, infine, si congeda da questo sogno con una frase che sottolinea l'incertezza che il destino ci lascia: <<Possiamo essere amici. E anche tutto quello che vogliamo>>.

E' la pioggia d'estate che bagna le spalle sudate di Levin in Anna Karenina, mentre e' preso a falciare nei campi di Pokrovskoe, in aperta campagna russa, alla ricerca dell'oblio per la grossa delusione recata dal suo grande amore Kitty. Pioggia rinfrescante che presto si trasformera' in pioggia battente di novembre. Precursore della pioggia in entrambi i casi e' Gegene.

Gegene e' il barbone che Renee incontra spesso fuori dal condominio di rue de Grenelle. Una di quelle volte e' descritta all'inizio del romanzo. E' il periodo della morte di Pierre Arthens, della successiva vendita dell'appartamento di rue de Grenelle e dell'arrivo di Kakuro.

Nelle successive riflessioni Renee confessa che Gegene, con la sua 'redingote desueta' le ricorda un altro personaggio di Anna Karenina ovvero il commerciante subdolo Rjabinin che acquista un bosco da Stepan Oblonskij, con la mediazione di Levin.

In questo capitolo, Muriel Barbery omaggia un po' se stessa, descrivendo il miracolo delle frasi che si imprimono sulla carta e rivelano cose che non si sapevano e che non si sapeva di volere, e - aggiungerei tranquillamente anche quelle - cose che vagavano disordinatamente nel nostro inconscio. Filtrando dovutamente il narcisismo implicito in cio' che Muriel Barbery disegna sulle labbra del suo personaggio, trovo la cosa estremamente emozionante, in totale condivisione con la dissertazione completa di Renee riportata nel romanzo.

L'altra volta in cui la scrittrice cita Gegene e' all'indomani del compleanno di Kakuro. Gegene quella mattina barcolla in mezzo alla strada semivuota. Renee si lancia a soccorrerlo ma viene investita dal camioncino della tintoria da dove ha 'rubato' gli abiti per i primi due appuntamenti con Kakuro. Questo e' il modo per dire quanto il destino possa essere imprevedibile. Ma anche quanto il destino sia misterioso, lasciando dei punti interrogativi su quello che Kakuro si sarebbe potuto rivelare fuori da quelle tre settimane che ha frequentato Renee.

E, infine, quanto il destino sia anche burlone, grottesco, volendolo vedere con un occhio benevolo. Cinquantaquattro anni (quelli di Renee) di passione, tre settimane di 'strizzacuore' culminata nella gioia piu' grande, e poi il buio eterno. Ma l'unico modo e' trovare la forza di autocommiserarsi - se ci verra' data questa possibilita' - come fa Renee nella sua 'riflessione' negli istanti dopo l'incidente.

D'altra parte, come un messaggio che l'autrice vuole sottolineare a gran voce perche' ognuno di noi possa dare piu' dignita' alla propria vita, bisogna tenere in mente le parole che Paloma dice a Renee 'L'importante non e' morire, ma cosa si fa al momento in cui si sta per morire'.

Riporto delle frasi che hanno fatto suonare il campanello della mia attenzione, senza nessuna intenzione di togliere importanza alle rimanenti parti del libro, e che anzi valuto molto positivamente:


  • pag. 17: "La gente crede di inseguire le stelle e finisce come un pesce rosso in una boccia."
  • pag. 26: "Che cos'e' un'aristocratica? E' una donna che, sebbene circondata da volgarita', non ne viene sfiorata."
  • pag. 90: "Riguardo la nostra discendenza, la contempliamo con occhio nuovo e inorridito perche', senza gli abiti dell'altruismo, l'atto della riproduzione appare profondamente fuori luogo."
  • pag. 108: "Vivere, morire: sono solo le conseguenze di cio' che abbiamo costruito. Quello che conta e' costruire bene."
  • pag. 118: "Quando le righe diventano demiurghe di se' stesse, quando assisto, come un miracolo insaputo, alla nascita sulla carta di frasi che sfuggono alla mia volonta' e che si imprimono sul foglio mio malgrado, esse mi fanno conoscere quello non sapevo ne' credevo di volere, gioisco di questo parto indolore, di questa evidenza non calcolata, e del fatto che seguo senza fatica, ne' certezza, con la felicita' delle meraviglie sincere, una penna che mi guida e mi porta.
    Allora accedo, nella piena padronanza di me stessa, ad un oblio che confina con l'estasi e assaporo la beata quiete di una spettatrice.
    "
  • pag. 123: "In realta' temiamo il domani solo perche' non sappiamo costruire il presente, e quando non sappiamo costruire il presente ci illudiamo che saremo capaci di farlo domani, e rimaniamo fregati perche' domani finisce sempre per diventare oggi, non so se ho reso l'idea."
  • pag. 163: "Ecco cosa volevo dire con la parola gentilezza, questo modo di fare che da' all'altro la sensazione di esserci."
  • pag. 195: "Le grandi opere sono forme visive che raggiungono in noi l'evidenza di un'adeguatezza senza tempo."
  • pag. 227: "Poi, come le lacrime, che sono talvolta tonde, abbondanti e compassionevoli, si lasciano dietro una lunga spiaggia lavata dalla discordia, cosi' la pioggia estiva, spazzando via la polvere immobile, e' per l'anima degli esseri come un respiro infinito."

Comments:

(*) che nel paragrafo 30 scrive di Essenza della religione (1845) 'Il pensare, il volere sono cosa mia; ma cio' che io voglio e penso non e' cosa mia, e' fuori di me, non dipende da me. La tendenza, il fine della religione e' volto a togliere questa contraddizione o contrasto. L'ente in cui questa viene tolta e' qualcosa in cui cio' che e' possibile solo secondo il mio desiderio e la mia rappresentazione, ma impossibile per le mie forze e facolta', diviene possibile, anzi, si realizza. Questo ente e' l'ente divino' E nel paragrafo 32 si precisa: 'Il desiderio e' l'origine, e' l'essenza stessa della religione; l'essenza degli dei non e' altro che l'essenza del desiderio.'

Posted by Graziano Scappatura on maggio 29, 2010 at 04:58 PM GMT+01:00 #

Complimenti

Posted by anonymous on novembre 07, 2011 at 09:24 AM GMT+01:00 #

Grazie! Non ti fare problemi di spendere qualche parola in piu' se lo ritieni opportuno! :-)

Posted by Graziano Scappatura on novembre 07, 2011 at 09:51 AM GMT+01:00 #

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