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Porto morente

giovedì 18 febbraio 2010

Ho iniziato da poco ha leggere 'Gomorra', il libro che ha lanciato e consacrato il giornalista Roberto Saviano come scrittore. Il primo capitolo di questo libro parla del porto di Napoli e della sorprendente rapidita' con cui le merci che arrivano dalla Cina vengono smistate e fatte partire per le piu' disparate destinazioni d'Europa, eludendo di fatto ogni controllo da parte della Guardia di Finanza.

In questo periodo, mi sono trovato spesso a leggere articoli sulle vicende umane, prima ancora che economiche, che stanno avendo luogo in un altro grande porto del Sud. Mi riferisco al porto di Gioia Tauro.

Qualcuno si chiedera' dove mai posso aver trovato cosi' tanto materiale sul porto di Gioia Tauro. Un posto di quel Sud dimenticato dall'economia che conta. Oltretutto in un momento dove sono tante altre - e magari anche piu' rilevanti - le realta' lavorative dove la crisi sta lasciando il segno. Voglio limitarmi a dire solo che non sto andando a cercare alcuno straccio di notizia sul porto, ma semplicemente sto leggendo da fonti che riescono a dar voce a situazioni che sono degne di essere rese note all'opinione pubblica, e non soltanto ad avvenimenti che il ceto medio si aspetta di sentire. E questo continuo tam-tam - unito anche al fatto che il porto e' collegato saldamente alle mie origini - ha finito per pesare sulla mia coscienza e farmi di conseguenza riflettere in merito. Il primo capitolo di Gomorra poi, mi ha suscitato un raffronto tra queste realta' colpite dal cancro dell'illegalita'.

Penso che ci sia una differenza enorme tra Napoli e Gioia Tauro. Se mai anche a Gioia Tauro si fosse innescato un meccanismo di elusione come quello che avviene a Napoli secondo quanto raccontato da Roberto Saviano, non ci sarebbe via di fuga dalla terra ferma per le merci che arrivano dalla Cina e dal porto intraprendono la strada che giunge all'acquirente finale. Si perche' una delle grandi disattenzioni della classe politica verso questo lembo di Calabria, e' proprio l'idea che attorno al porto si potessero sviluppare attivita' che avrebbero rilanciato l'economia calabrese, senza sforzo alcuno e, nella fattispecie, senza nemmeno predisporlo di strutture di comunicazione idonee, che favorissero gli scambi commerciali.

D'altra parte, Gioia Tauro era nato come porto di transhipment. Ma nella vasta area industriale che si sviluppa tutt'intorno, doveva realizzarsi un sistema di imprese che poteva dare impiego a decine di migliaia di persone. Di Calabresi e non solo, che avrebbero potuto finalmente veder compiuta la chimera di vivere piu' dignitosamente e nel rispetto della legalita'.

Come porto di transhipment, Gioia Tauro era diventato il primo bacino del Mediterraneo per numero di container movimentati all'anno. E sull'onda di questi risultati, si sarebbe dovuto continuare ad iniettare iniziative finalizzate a consacrare il raggiungimento di un obiettivo mai centrato.

E invece no. Anche dal Nord sono venuti a succhiare le mammelle del parlamento di Bruxelles, per poi darsela a gambe levate. Non si sa se per paura della malavita o perche' erano loro i malavitosi. O forse solo perche' la politica e' stata miope al punto che non ha capito che doveva costruirci le infrastrutture intorno. La Salerno-Reggio Calabria, un vero collegamento ferroviario con la vicina linea ferroviaria e l'ammodernamento della stessa. Altre banchine e politiche di concessione che attirassero investimenti stranieri. Come pure l'ipotesi del porto franco era un'idea che ben si addiceva a Gioia Tauro e che la politica non ha mai preso seriamente in considerazione.

Oggi il sogno sembra definitivamente tramontato. La Medcenter Container Terminal (societa' del gruppo Contship Italia) ha annunciato il licenziamento di 450 dei poco piu' di mille dipendenti che lavorano nel porto di Gioia Tauro. Un consiglio regionale con il piu' alto numero di consiglieri inquisiti (tre per mafia e quattro per l'inchiesta 'Why Not' di Luigi de Magistris) e un governo con otto ministri tra Lombardia e Veneto, non sono sicuramente di buon auspicio per l'inversione di rotta, per quanto la ripresa economica possa essere vicina.

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