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Ritorno a Barcellona

sabato 30 luglio 2011

A distanza di parecchi anni dalla mia prima visita a Barcellona sono riuscito a convincermi che non sarebbe stata una brutta cosa ritornarci. La gita delle superiori, che ricordo in ogni momento come una di quelle esperienze di spensieratezza e allegria che meglio non si possono associare alla mia adolescenza, infatti, non aveva potuto regalarmi il tipo di emozioni che in un'eta' piu' matura si ricercano. E questo e' stato sufficiente a superare il pregiudizio che se dei giorni devono essere dedicati ad un viaggio, questo deve essere necessariamente una novita' in tutto e per tutto.

D'altronde, di Barcellona ben poco avevo visto. Placa de Catalunya, la Rambla, il Monument a Colom (Statua di Colombo) e il Camp Nou non sono che una parte infinitesima di quanto la citta' offre ad un visitatore. In gita, d'altronde, tutto era nei nostri pensieri tranne che assaporare una citta' nei suoi particolari e nelle sue sfaccettature che ti accrescono dentro e ti fanno estrapolare le differenze sostanziali con il posto dove in quel momento vivi. Ma non rimpiango nulla di quello che in quel momento non ho sentito di fare.

A Barcellona ci sono arrivato nel giorno di Sant Jordi (San Giorgio), santo patrono della Catalunya. E me ne sono accorto perche' ho chiesto al nostro tassista del perche' un numero sconsiderato di persone avevano un libro in mano, una rosa rossa o una spiga di grano. Mi e' stato quindi spiegato che quel giorno ricorre il Dia del Llibre ('Giornata del Libro'). Gli uomini regalano una rossa alle donne e, viceversa, le donne regalano un libro agli uomini. Inoltre, ci si scambia una spiga di grano, che e' simbolo di fertilita'.

Il Dia del Llibre lo si e' fatto cadere nel giorno di Sant Jordi. Il giorno in cui ci siamo trovati la' per di piu' coincideva con il sabato santo ed ecco che Barcellona era un'inimmaginabile pullare di vita e di colori (Sabato santo ma anche… Sant Jordi!).

Arriviamo al nostro albergo a ridosso della Sagrada Familia. Giusto il tempo di sistemarci in breve nella nostra stanza che, dotati di cartine e guide, ci catapultiamo in un battibaleno per le strade della citta'.

Davanti a noi si ergevano le guglie della Sagrada Familia. E' il primo dei segni lasciati da Antoni Gaudi' in questa citta'. Ma e' riduttivo parlare di segni perche' a lui oggi si deve gran parte del fascino di Barcellona. Partire dal Temple Expiatori de la Sagrada Familia (Tempio d'Espiazione della Sacra Famiglia) - questo e' il nome completo di questa cattedrale - equivale ad una partenza a ritroso nella degustazione della vita di questo genio dell'architettura. Quest'opera di colossali dimensioni, iniziata da piu' di cento anni, quando era ancora in vita, e tuttora in costruzione, e' infatti il modo in cui Gaudi' ha voluto coronare la sua esistenza concepita come una missione sacra.

Delle due facciate attualmente completate, la facciata della Nativita' e' sicuramente quella che lascia incantato chiunque si trovi di fronte. E suscita una curiosita' che spinge ad addentrarsi e capire il senso di ciascuna delle rappresentazioni riportate. Noi ci siamo semplificati la vita facendo lavorare un po' meno i nostri sensi e leggendo la nostra Lonely Planet che mai come in questi casi permette di riporre l'attenzione su dettagli che difficilmente possono altrimenti essere colti.

Girando attorno al santuario in senso antiorario scorriamo l'abside e arriviamo alla facciata della Passione. La suggestione si trasforma in qualcosa di molto piu' leggero. L'armonia delle curve tanto care a Gaudi' e che in parte da lui stesso presero forma, lasciano spazio alle forme piu' spigolose delle opere disegnate dallo scultore Josep Subirachs.

Continuando il nostro giro attorno al monumento scorgiamo le impalcature che celano quella che sara' la facciata principale della Sagrada Familia ovvero la facciata della Gloria. Le quattro guglie di questa facciata si aggiungeranno alle otto delle altre due facciate per rappresentare i dodici apostoli. La meticolosita' e il completo cimentarsi di Gaudi' in questa opera ha voluto la massima cura anche sull'estremita' delle guglie dove e' stata riposta la dicitura: 'Sanctus, Sanctus, Sanctus, Hosanna in Excelsis, Amen, Alleluia' con la giusticazione che sebbene nessun essere umano sarebbe riuscito a scorgere questi dettagli, gli angeli li avrebbero visti.

Altre quattro guglie si ergeranno sopra il transetto, ciascuna rappresentante i quattro evangelisti, attorno alla torre centrale che sara' altra una volta e mezza le guglie che ornano le facciate, e rappresentera' la Vergine Maria.

Secondo la nostra errata comprensione, alle 22 e 30 sarebbe iniziato uno spettacolo molto suggestivo con coreografie d'acqua, luci e musica, alla Font Magica, ai piedi della collina del Montjuic.

E' stata una gran delusione quando, arrivati in Placa d'Espanya, ci siamo resi conto che tutto era invece gia' finito. In effetti, l'orario letto sulla nostra guida a cui abbiamo fatto riferimento era l'orario estivo. E in un attimo di particolare eccitazione ci siamo quasi convinti che fosse estate. Ci siamo comunque incamminati fino in fondo all'Avinguda de la Reina Maria Cristina, dove si trova la Font Magica, ed e' stato emozionante solo pensare che qui l'8 ottobre del 1997 c'e' stata l'ultima e memorabile esibizione pubblica di Freddie Mercury in coppia con il soprano barcellonese Monserrat Caballe' (La magia e' nell'aria). Non ci siamo quindi tirati indietro dallo scalare la collina che sovrasta la zona e lascia cadere lo sguardo su un magnifico panorama notturno della citta'.

In tarda serata rientriamo nella nostra zona. Per festeggiare il primo giorno di questa gita spagnola, non potevamo che ricorrere su una ricca paella di pesce.

Il nostro primo mattino a Barcellona inizia con una ricca colazione in un locale vicino all'albergo. E' un momento bellissimo di una vacanza e ce lo godiamo tutto. Anche se quello che ci aspetta e' molto eccitante. Con calma ci incamminiamo verso il barri ('quartiere') dell'Eixample. Lungo Passeig de Gracia si incontrano le massime espressioni dell'architettura modernista.

La prima opera architettonica che scorriamo e che ci fermiamo ad ammirare e' Casa Mila', meglio nota come La Pedrera. E' un capolavoro di Gaudi' commissionato da Pere Mila'. L'inequivocabile stile di Gaudi' si coglie a primo acchito dalle sinuose curve avvolte da un fine rivestimento in pietra. Quel che piu' sorprende oggi e' sapere che un tempo in molti non concordavano con i contorni ondulati che dal genio di Gaudi' presero forma, sia all'esterno dell'abitazione che al suo interno. Un aneddoto che la dice tutta su queste avversita', vede protagonista un'inquilina che lamentava che a causa delle curve trovava difficolta' a posizionare il suo pianoforte. Si narra che a tale provocazione il maestro rispose invitando la signora a imparare a suonare il flauto.

Continuando su Passeig de Gracia, sull'altro lato della strada, costeggiamo Casa Batllo', altra celeberrima abitazione generata dall'inventiva di Gaudi'. Anche qui davanti una fila impressionante di persone in attesa di entrare dentro questo monumento all'architettura modernista. Il tocco di colore dato dai frammenti di ceramica variopinti e' sicuramente uno dei fattori che a molti la fa preferire rispetto a La Pedrera.

Prima di giungere in Placa de Catalunya, gironzoliamo ancora nei paraggi per ammirare un'altra opera di Gaudi'. Si tratta di Casa Calvet. Un po' abbandonata a se' stessa, senza le grandi folle delle opere prominenti dell''Architetto di Dio' (cosi' ha fatto riferimento il rettore della Sagrada Familia, Lluis Bonet Armengol, a Gaudi' nella campagna per la sua beatificazione), ma comunque un altro notevole esempio di raffinato stile architettonico.

Placa de Catalunya per noi rappresenta una piacevole pausa. Qui ammiriamo gli immancabili artisti di strada, che animano ogni angolo di questa piazza come tanti altri punti della citta', e sono realmente in gamba e capaci di trascinare folle considerevoli.

Dopo un pranzo veloce, che comunque ha inciso sul tempo di risposta dei nostri riflessi al punto da costringerci a ripiegare su un prato giusto per il tempo di ricaricarsi, ci addentriamo nel Barri Gotic. Visto che la cattedrale era chiusa, attraversiamo rapidamente Avinguda de la Catedral dopo averne ammirato velocemente la facciata (che tra l'altro era in ristrutturazione), per spingerci verso il Museu d'Historia de la Ciutat.

Le origini di Barcellona risalgono all'epoca dell'impero romano. Non vi e' modo piu' suggestivo per convincersi delle origini romane, che non visitando questo museo sotterraneo dove e' mantenuta intatta una parte di Barcino (il nome di 'Barcellona romana') nella sua struttura urbanistica, e in un ragguardevole numero di dettagli che danno molte opportunita' di farsi un'idea sull'organizzazione delle attivita' commerciali e della vita sociale agli arbori di Barcellona.

Uscendo dal percorso sotterraneo, sempre da dentro il museo prima di affacciarsi su Placa de Rei, sulla sinistra, si accede alla Capella Reial de Santa Agata, un bellissimo esempio di stile gotico. La chiesa e' la cappella del Palau Reial Major che e' parte del Museu d'Historia de la Ciutat. L'ho trovata molto sensazionale per l'interno completamente spoglio e perfettamente tenuto, per l'incantevole techumbre, per i magnifici mosaici in vetro colorato e, non ultimo, per l'altare in legno realizzato da Jaume Huguet, intatto a centinaia di anni di distanza dalla sua realizzazione.

All'uscita, scendendo dalla scala a ventaglio che da' sulla piazza, c'erano ad aspettarmi i miei amici che quasi avevano perso la speranza di ritrovarmi. Proseguiamo un po' alla cieca per le vie di Barcellona vecchia fino a quando arriviamo sulla Via Laietana. Qui vediamo i cartelli che indicano la direzione per il Museu Picasso. Un'occasione unica che nessuno si vuole perdere.

Attraversiamo il viale e entriamo cosi' ufficialmente nel barri La Ribera. Ci districhiamo per ii vicoletti seguendo le molte persone che presumibilmente sono dirette al Museu Picasso fino a quando scorgiamo una fila immane di gente che avanza lentamente per entrare nella pinacoteca. Un po' contrariati si', ma nessuno ha messo in dubbio la visita interna del museo. E nessuno se ne e' pentito di quello che ha visto. Io per primo.

Le esposizioni permanenti mostrano per la quasi totalita' dipinti della sua gioventu'. Ritratto di zia Pepa e Scienza e carita' sono sicuramente tra quelli che rimangono piu' impressi. La piena maturita' cubista di Picasso e' invece ammirabile attraverso l'interpretazione di dipinti dei pittori a cui e' dovuto il suo amore per l'arte, primo fra tutti Velasquez. A lungo mi sono fermato nelle stanze 13 e 14 ad ammirare gli schizzi, le bozze e le varie versioni de Las Meninas.

Siamo stati tutti rinfrancati da questa visita. E in un certo, senso piu' sereni. Visto che il Museu Picasso e' uno dei posti di Barcellona piu' gettonati dai turisti, e che, a causa della giornata particolare, abbiamo sicuramente rischiato di non poterlo visitare. Ma con un po' di audacia e un po' di fortuna siamo riusciti a centrare un bel colpo!

Prosegue il nostro giro per La Ribera. Sbuchiamo quasi inconsapevolmente su Passeig del Born su cui si affaccia l'abside della Esglesia de Santa Maria del Mar. Non so perche', ma qualcosa mi ha trascinato fin qua. Sentivo ripetersi di continuo dentro di me il nome di questa chiesa. E l'averla trovata mi ha dato un'ulteriore serenita'. E con quella serenita' sono entrato dentro ed ho potuto ammirare lo splendore di questo gioiello dagli archi gotici piu' schiacciati rispetto al tradizionale slancio che hanno gli archi che si rifanno a questo stile.

Facilmente ci immettiamo su Passaig de Colom, la strada che costeggia il mare fino ad arrivare al Monument a Colom. La vista del mare e la dolce brezza marina del tardo pomeriggio non ci aiutano a trattenerci dallo spingerci piu' in la' e fare quattro passi sul molo. E poi a sederci su una panchina a cercar di fermare una giornata che fluisce via, destinata ai nostri bei ricordi.

Risaliamo la Rambla in un pullulare di vita che dice tanto su quanto sia mentalmente aperta questa citta'. Passando davanti a Casa Cuadros dai Barcellonesi anche chiamata Casa dels Paraigues (Casa degli ombrelli), fino a giungere alla Font de Canaletes per un lungo sorso di acqua che ci dovrebbe garantire un sicuro ritorno a Barcellona.

Per la cena preferiamo ancora una volta avvicinarci nella zona dell'hotel, nel barri Gracia. Non sappiamo che piega prendera' la serata, ma non vogliamo avere vincoli per tornare nella nostra dimora e un localino su Avinguda Gaudi' ci sembra un posto appropriato per trascorre la nostra serata con questi presupposti.

In vacanza la colazione merita ampio spazio. Si parla di ore per la colazione di questa nuova giornata. Ma tutti d'accordo anche su questo rituale. Poi si parte, a piedi, risalendo la collina fino ad arrivare al Parc Guell. E' inutile dire che lo zampino di Gaudi' lo noterebbe anche un cieco, ma come tutto cio' che dal genio di quest'uomo abbiamo visto finora, anche il Parc Guell e' avvolto in un'armonia di curve e di mosaici di mattonelle colorate accostate tra loro con un gusto che in tal senso non ha paragoni.

Ci affacciamo alla balconata del lastrico contorniata di sedili rivestiti di frammenti di laterizio per ammirare le sottostanti costruzioni che hanno l'aria delle case delle favole che ci raccontavano da bambini. Poi proseguiamo per passare sotto i portici della discesa che ci porta all'ingresso dalla parte della zona popolata della collina. Le foto si sprecano e nessuno si vuole perdere un ricordo abbracciati ai lucertoloni che ornano le scale che portano sotto il selciato da dove poco prima ammiravamo la vista del parco.

La sosta nei pressi della casa-museo e la crescente voglia di sapere un po' di storia di questa struttura, materializzata dalla mia lettura dei contenuti estrapolati della sempre preziosa Lonely Planet, viene funestamente interrotta da un'improvvisa pioggia di sterco di volatile. Ma siamo predisposti ad accettare con superiorita', e tutto si risolve in un nuovo pretesto per ridere di noi e al pensiero che anche per questo la nostra gita sara' indimenticabile.

La discesa dalla collina ai cui fianchi e' incastonato il Parc Guell, ci vede cedere allo stomaco che reclama per la vuotezza. Un anonimo baretto del barri ci ha fatto rinascere a suon di bocadillos e di cerveza. Alla fine della lunga sosta, a dire il vero, eravamo pure un po' brilli e i canti a squarciagola 'intonati' per le vie pressocche' vuote di questa zona della citta', non sono passati inosservati tra la poca gente intorno a noi. Ma non siamo stati molesti e qualcuno ha condiviso la nostra allegria.

Dopo la delusione del Camp Nou, inaccessibile al pubblico (sebbene ci sia capitato di vedere sfilare davanti a noi i due nazionali campioni del mondo Villa e Puyol), ci ributtiamo per le vie della Ciutat Vella (Citta' Vecchia) ovvero la parte antica di Barcellona, che include i barri di Raval, Barri Gotic, Ribera e Barceloneta.

Come suggerito dalla guida, sulla Rambla, provenendo da Placa de Catalunya, a un certo punto ci buttiamo su Carrer de Ferran. Attraversiamo Placa de Sant Jaume, dove si affacciano l'Ajuntament (Municipio) e il Palau de la Generalitat. Non ci soffermiamo piu' di tanto in questa piazza e, non appagati dalla vista esterna del giorno precedente, proseguiamo invece verso la cattedrale, che desideriamo ammirare al suo interno.

Anche questo e' un bell'esempio di stile gotico catalano con notevoli tracce di stile romanico. Lungo le pareti esterne delle navate laterali e' possibile ammirare un certo numero di cappelle, tutte decorate con affreschi e sculture originali. Nella navata centrale invece mi sono soffermato sul coro in legno di quercia minuziosamente scolpito, e decorato con pregevoli finiture in oro. In fondo alla navata centrale c'e' la scalinata che porta sotto l'altare centrale dove c'e' la tomba in alabastro di Santa Eulalia che, insieme a Santa Maria de la Merced, e' il santo patrono di Barcellona.

Dopo la lunga visita nella cattedrale, ci sediamo ai bordi della piazza antistante dove assistiamo ad un affollatissimo spettacolo acrobatico di busker brasiliani, prima di spostarci - come da mio forte desiderio - verso il quartiere del Raval, dal lato opposto della Rambla.

L'intento era quello di prendere qualcosa da bere al Bar Marsella, l'antico locale dove Hemingway usava andare a bere l'assenzio durante la sua permanenza spagnola. La cosa mi eccitava tantissimo. E la mia eccitazione ha perfino contaminato il resto del gruppo. E piu' mi addentravo nello squallore del Raval, piu' diventavo irrequieto dentro. Fino al punto in cui siamo arrivati all'angolo del numero 65 di Carrer de Sant Pau, dove la via si incrocia con Carrer di Sant Ramon, e sono rimasto deluso dalle saracinesche abbassate del locale.

Ancora euforico, non ho rinunciato a scattare qualche foto, sebbene attorno a me una varieta' di gente losca e inaffidabile mi fissava in modo strano, al limite dello sconcerto. Addirittura vengo avvicinato da una giovane puttana di colore che mi domanda - dopo avermi chiesto la fotocamera in regalo, perche' mai stavo scattando delle foto a quel posto sudicio. Rapidamente la lascio con un'espressione che mi e' sembrata la piu' opportuna ad accendere un barlume di curiosita' in essa, nella speranza che un giorno possa crescere fino a trovare una risposta.

Ancora una visita a qualche negozio sulla Rambla, ma e' piu' per ripararsi da una sporadica pioggia che non ci infastidisce ma semmai ci consola facendoci immaginare che non siamo i soli a rimpiangere queste giornate volate vie troppo in fretta.

La cena e' stata una degna conclusione della nostra vacanza. Nel locale turco, dopo una piacevole degustazione di pietanze etniche, siamo riusciti a coinvolgere il giovane proprietario e la mamma in uno scambio culturale italo-turco di danza e di musica. La baldoria si e' protratta anche fuori, quasi come inconscia opposizione a qualunque cosa da li' a breve ci avrebbe divisi.

Weekend in Andalusia

mercoledì 01 settembre 2010

Il fascino che questa terra mi solleva probabilmente ha origine nella lettura del libro di Paulo Coelho, L'alchimista. L'essere una terra di confine tra continenti e la ricca storia che si porta alle spalle, ne hanno fatto per me un desiderio che prima o poi avrebbe dovuto realizzarsi.

Forse ancora per molti aspetti e' rimasto incompiuto. Ma il lungo weekend che ho trascorso a Siviglia e nei paraggi, e' stato molto intenso e rimarra' annoverato tra le esperienze di viaggio piu' belle che ho vissuto.

Dall'aereo si notava sorprendentemente il grigiore cupo delle nubi basse che attanagliavano Siviglia nelle prime ore di un mattino - per noi - inoltrato di fine luglio. Ma per Siviglia erano ancora le prime luci dell'alba.

L'aria calda e il progressivo dissolversi della foschia, ci ha ridato quello che ci aspettavamo da Siviglia. Luce e colori vivi e nitidi.

Giusto il tempo di giungere in tram in Plaza Nueva e ci sediamo per un meritato caffe' sui tavolini di un bar del centro. Ma lo stomaco reclamava di piu', visto le gia' diverse ore che eravamo in piedi. Nulla di meglio di un bocadillo con jamon serrano.

Dopo aver raggiunto l'appartamento centrale di amici che ci hanno ospitato, e mollato las mochilas, ci dirigiamo subito verso Plaza Virgen de los Reyes, su cui si affaccia la maestosa Cattedrale di Santa Maria da cui si erge l'imponente torre (Giralda).

Chiaramente non abbiamo resistito alla tentazione di salire subito sulla Giralda e di visitare uno dei monumenti religiosi piu' grandi al mondo.

In origine, all'epoca in cui la penisola iberica era dominata dagli Almohadi, laddove oggi e' locata la cattedrale, era stata costruita una moschea. La Giralda altro non era che la torre annessa al luogo di culto almohade. Adiacente alla moschea si estendeva il Patio de los Naranjos.

A seguito della Reconquista, si volle dare un segnale forte della cristianita' e nel XV secolo la moschea fu abbattuta per erigere la cattedrale. Il progetto, in stile gotico, fu realizzato quasi totalmente in 75 anni. E, del vecchio monumento moresco, e' stato conservato solo la Giralda e il Patio de los Naranjos. Tutto il complesso riporta, quindi, tra gli altri, oltre lo stile gotico predominante, segni dell'epoca almohade, dello stile mudejar e interventi in stile neoclassico che risalgono a tempi piu' recenti.

Il progetto della Giralda, elaborato da Ahmed Ben Baso, si rifa' chiaramente a quello della Koutubia di Marrakech. E' stato particolare salire sul minareto in quanto non vi e' presenza di scale, ma solo di rampe, visto che un tempo i muezzin, incaricati di chiamare a preghiera i fedeli, usavano salire sulla torre anche a cavallo.

Dall'alto una vista spettacolare di Siviglia, sotto le numerose campane che ci sovrastavano imponenti. In cima al minareto, invece, si erge il Girardillo, un monumento dorato che segna la direzione del vento. A questa statua metallica sono legate numerose leggende per lo piu' inerenti al meteo. Una copia del Girardillo puo' essere comunque ammirata nel cortiletto interno della cattedrale che si affaccia su Plaza del Triunfo.

Ritornando giu' dalla torre, ci si ritrova di nuovo all'interno della cattedrale. Immensa. Abbiamo fatto fatica a trovare il giusto modo di fare un giro completo. Ma immediatamente abbiamo potuto scorgere sulla sinistra la Capilla Real ('Cappella Reale') al centro del cui altare si trova la statua in legno di Santa Maria de los Reyes. Tale statua era appartenuta a Ferdinando III il Santo, il cui corpo giace a piedi della statua. Ai lati della Vergine invece si trovano le tombe di Alfonso X e della madre.

La posizione in cui si trova la Capilla Real e' l'estremo opposto alla porta principale della cattedrale, la Portada de la Asuncion ('Porta dell'Assunzione'). In mezzo, lungo la navata centrale c'e' invece l'altra cappella importante, la Capilla Mayor ('Cappella Maggiore') in cui si trova un imponente altare di cui fanno parte un elevato numero di sculture.

Su una delle navate laterali si nota anche il mausoleo con le spoglie di Cristoforo Colombo. Si tratta di quattro araldi che portano a spalla la tomba del grande navigatore, ciascuno rappresentante i quattro regni cristiani che all'epoca contava la corona spagnola (Castiglia, Leon, Aragona e Navarra).

Uscendo dalla cattedrale ci siamo ritrovati nel Patio de los Naranjos, che e' il chiostro della cattedrale caratterizzato dalla presenza di aranci.

Il biglietto di ingresso per la cattedrale prevedeva anche la visita della vicina chiesa di San Salvador, che si affaccia sull'omonima piazza. La' abbiamo potuto ammirare il favoloso altare maggiore che descrive la Trasfigurazione di Gesu', e un altrettanto bell'affresco nell'altare di Santa Justa y Santa Rufina, patrone della citta'.

Prima di proseguire il nostro tour, avendo adocchiato un localino molto carino con molta gente intorno, che proponeva le famose tapas, ci siamo fermati per mangiare qualcosina e farsi qualche caña, ovvero l'equivalente italiano di una bionda piccola alla spina (con la differenza che a Siviglia, in centro, costa solo 1 euro!).

Seguendo le strette vie del centro, ci siamo ritrovati su Avenida de la Constitucion e da li' abbiamo proseguito verso il fiume che attraversa la citta', il Guadalquivir. Una passeggiata 'defaticante' prima di rientrare a casa. Lungo la sponda del Guadalquivir abbiamo potuto ammirare, oltre la bellissima visuale, anche la Torre del Oro e, piu' avanti, sempre proseguendo sulla sponda di sinistra del fiume, il Teatro de la Maestranza, meglio noto come Plaza de Toros, che e' la piu' grande arena della Spagna.

La sera e' stata particolarmente piacevole, avendo potuto appurare la vita condotta da un cospicuo numero di ragazzi che hanno deciso di fare un'esperienza di vita e di lavoro all'estero, trasferendosi in Spagna. Un grande momento di condivisione che ci ha dato anche graditi approfondimenti sulla vita che si conduce a Siviglia.

All'indomani, sveglia di buon'ora: prevista una giornata al mare in compagnia. Direzione Cadiz ('Cadice'). Sfortunatamente non abbiamo fatto bene i conti con i tempi necessari per raggiungere la playa. Infatti, era il sabato dell'ultimo fine settimana di luglio. Una giornata di grande esodo, come si puo' facilmente immaginare. Oltretutto, non abbiamo considerato che il ritardo poteva aggravarsi, dovendo aspettare due amici colombiani, con il loro proverbiali 'tempi latini'.

In tarda mattinata, comunque, abbiamo finalmente raggiunto la spiaggia di Cyclana, sull'Oceano Atlantico. Bella e non molto affollata.

Abbiamo cosi' trascorso una bella giornata di bagni e sole intervallata, di tanto in tanto, da una sosta all'attiguo chiringuito, visto il gran caldo.

Per la sera, ci e' stato regalato un altro bel giro sempre sulla costa atlantica. In effetti, ci siamo fermati a Cadiz dove abbiamo potuto ammirarne la modernita' e il fascino del centro storico arabeggiante, a ridosso del mare. A coronamento della piacevole giornata non poteva mancare una bella scorpacciata di pesce.

Domenica pigra a Siviglia. Con tranquillita' siamo usciti di casa per fare un giro per le strade del centro. Spoglie all'inverosimile ancora quando era quasi mezzogiorno. A quell'ora iniziavamo la nostra colazione ai tavolini di uno dei rari bar aperti del centro, e qualche turista cominciava a farsi avanti. Solo turisti pero', e qualche busker.

Uno di questi ci ha colpito tanto con le sue intonazioni e la sua musica gitana, che non abbiamo avuto esitazioni a lasciare la meritata offerta. Ogni tanto irrompeva con delle canzoni emozionanti la calma di un mattino andaluso, rimarcato da una una costante melodia flamenca di sottofondo che da dentro il locale si levava.

Caldo e stanchezza della giornata trascorsa in spiaggia, ci hanno spinto a saltare il tour a Cordoba. Poi, avevamo ancora tanto da vedere in citta'. Siamo cosi' usciti per raggiungere Plaza de Espana ('Piazza di Spagna').

Plaza de Espana si sviluppa dentro un semicerchio, lungo la cui porzione perimetrale si leva il Palacio Espanol ('Palazzo Spagnolo'). Il complesso e' stato costruito in occasione dell'Esposizione Universale del 1929.

La piazza e' solcata da un canale attraversato da ponticelli ed e' decorata lungo il perimetro circolare, da 58 panchine che rappresentano ciascuna una diversa provincia spagnola. Ogni panchina e' decorata con tipici azulejo che danno un'idea geografica 'enfatizzata' di una particolare provincia.

Usciti dalla piazza ci addentriamo nel verde rigoglioso del Parque de Maria Luisa ('Giardini di Maria Luisa'). Laghetti e fontane immersi tra cedri, platani, aranci e magnolie. Alla fine dei giardini, ci siamo trovati nella Plaza de America, anch'essa facente parte del progetto delle opere realizzate in occasione dell'Esposizione Universale del 1929.

In un contesto molto equilibrato tra vegetazione e decorazioni architettoniche varie, ci siamo ritrovati di fronte il Museo Arqueologico Provincial ('Museo Archeologico Provinciale') e alle nostre spalle il Pavillon Mudejar ('Padiglione Mudejar').

La nostra passeggiata si e' conclusa attraversando Calle San Fernando, su cui si affaccia la Reale Fabrica de Tabacos ('Fabbrica di Tabacchi'), famosa per essere stato il posto dove sono state ambientate le scene della celebre opera lirica Carmen di Georges Bizet.

Per l'ultima sera andalusa ci e' stato riservato qualcosa di veramente speciale. Siamo stati accompagnati in un locale, La Carboneria, veramente particolare, dove assistere ed emozionarsi per la veracita' del contesto e degli spettacoli di musica flamenca a cui si puo' assistere.

Appena entrati, il locale non era ancora pieno, ma l'aria era gia' pesante per l'umidita' causata dal gran caldo e dalla copertura veramente rudimentale. Ma poi ci siamo accorti di quello che stavamo per vivere e ci siamo abbandonati felicemente a sudare senza piu' pensarci. Nessun condizionatore, ma solo ventilatori che a poco servivano se non a creare un'atmosfera ancora piu' particolare.

Un bancone diritto, a cui ci siamo recati subito per prendere qualcosa da bere, si scorge sulla sinistra subito dopo essere entrati. Mentre, nell'ampia sala sono disposti ordinatamente dei tavoli come spesso si incontrano sotto i padiglioni delle sagre dei posti nostri, e delle panche per sedersi.

In fondo alla sala c'e' un piccolo palchetto dove, da li' a breve sarebbero saliti su i tre artisti gitani. Il chitarrista e il cantante, che indossava un tipico stivaletto basso da flamenco, erano gia' pronti. Nel camerino, invece, la ballerina-cantante era intenta a prepararsi.

Si respirava eccitazione tra il pubblico, molto variegato, che si e' trasformata in grande attenzione e approvazione al protrarsi dello spettacolo. Impressionanti ritmi scanditi con il solo battito delle mani e dei tacchi delle calzature degli artisti. Passione pura trasmessa dalle voci melodiche dei cantanti e dalle danze tese della ballerina. Un vero piacere esserci stati e un ulteriore apprezzamento della cultura di questa regione.

Ero gia' soddisfatto del weekend appena trascorso, ma c'era ancora qualche ora a mia disposizione prima di ripartire per l'Italia. Giusto il tempo di andare a visitare l'altra delle principali attrazioni di Siviglia, i Reales Alcazares ('Palazzi Reali') - uno dei migliori esempi di stile mudejar mai riconosciuto, che si affacciano su Plaza del Triunfo, dalla parte opposta alla cattedrale.

Entrando dalla Puerta del Leon ('Porta del Leone', cosidetta per gli azulejo affissi sopra la porta, che raffigurano un leone) si arriva, passando per il Patio del Yeso ('Cortile del Gesso'), nel Patio del Leon ('Cortile del Leone'). Tre archi separano quest'ultimo dal Patio de la Monteria ('Cortile della Caccia'). Cosi' chiamato perche' in questo cortile si radunavano i cacciatori che accompagnavano il re nelle battute di caccia.

Sul lato destro del Patio de la Monteria, si trova la Casa de Contratacion ('Casa del Commercio'), usata per gestire gli scambi commerciali con le Americhe. La Casa de Contratacion include anche il Cuarto de Almirante ('Appartamento dell'Ammiraglio') e la Sala de Audiencias ('Sala delle Udienze'), che nella parte posteriore e' stata trasformata in una cappella dove e' presente un affresco che raffigura la Virgen de los Mareantes ('Madonna dei Navigatori'), protrettrice dei naviganti che si imbarcavano verso il nuovo mondo.

Preseguendo sullo stesso lato del Patio de la Monteria si entra nel Palacio de Pedro I ('Palazzo di Pedro I'). Non sono salito ai piani superiori del palazzo, dove si trovano gli appartamenti reali, ma mi sono limitato ad ammirare il pian terreno. Il pian terreno era stato pensato in modo che attorno al Patio de las Doncellas ('Cortile delle Fanciulle') si sviluppavano le funzioni pubbliche del re, mentre il Patio des las Munecas ('Cortile delle Bambole') era dedicato alla vita privata.

La vista dei due cortili e le stanze ad essi attigue non possono lasciare indifferente il visitatore. Gli archi in gesso, le colonne e i capitelli, le ceramiche colorate. Tutti tratti di uno stile mudejar che si ripete in tutto il resto dei Reales Alcazares, che a me in particolare mi ha trasportato indietro di un anno, quando passeggiavo dentro le antiche corti di Marrakech.

Altro palazzo famoso dentro i Reales Alcazares e' il Palacio Gotico ('Palazzo Gotico'). Ho potuto ammirare al suo interno il Salon de los Tapices ('Salone dei Tappeti'), che e' una grande sala decorata con arazzi raffiguranti le conquiste spagnole in Africa.

Poi sono passato a visitare i giardini. Un miscuglio armonioso di colori e di profumi. Intervallati da fontane e giochi d'acqua, freschi e sobri. E ancora archi, viottoli e muretti in un perfetto stile mudejar che spicca con colori forti e geometrie bizzarre, ma lega paradossalmente il tutto in un quadro che rasserena e riempie chiunque vi si trovi dentro.

Il giardino che mi e' rimasto piu' impresso, oltre ai Jardines de Mercurio ('Giardini di Mercurio'), in cui domina una grande vasca, situata all'altezza del palazzo e quindi superiore rispetto al resto dei giardini, al centro del quale si trova la statua che rappresenta il dio Mercurio, e' il Jardin de la Danza ('Giardino della Danza') e, in particolare, il Bano de Dona Maria de Padilla ('Terme della Signora Maria di Padilla') che e' il giardino sotterraneo che Pedro I, detto el Cruel ('il Crudele'), fece costruire per la sua amante, Dona Maria di Padilla.

La storia narra che Pedro I uccise il marito di Dona Maria di Padilla, per averla. Lei, pur di non cedere, si verso dell'olio bollente in faccia e si sfiguro'. In seguito, divento' suora e ando' in convento. Dona Maria di Padilla e' considerata un simbolo di purezza nella cultura di Siviglia.

Sono quindi scadute le mie ore ancora a disposizione. Serenamente prendo l'autobus che mi porta in aeroporto, senza sapere a cosa fosse dovuta la mia inusuale serenita'. Era l'appagatezza del cuore sublimato dalle emozioni che Siviglia mi ha regalato.

Un'altra Spagna

lunedì 05 ottobre 2009

L'altra settimana a Firenze ho conosciuto Nacho, uno studente barcellonese venuto in Italia per completare i suoi studi. Ho colto al volo l'occasione per dirgli che avevo da poco fatto una bellissima esperienza di qualche ora a Bilbao. Ha mostrato subito entusiasmo per questo e, quasi che ancora non l'avessi vista, ha cominciato a spiegarmi che il fascino di Bilbao e' la sua completa diversita' dalle altre citta' spagnole.

Bilbao sorge tra i piedi dei Pirenei e il golfo di Biscaglia, l'omonima provincia della Spagna di cui e' capoluogo. La vicinanza dell'Atlantico e' la causa di un clima spesso piovoso e comunque umido in generale. Ed e' anche la causa della principale diversita' del territorio intorno a Bilbao con il resto della Spagna, tipicamente arso e scarno di vegetazione(*).

Noi, fortunatamente, arrivati con un volo da Madrid in un orario centrale della giornata, abbiamo trovato un clima poco nuvoloso che era comunque invitante per una breve escursione nella citta'.

A venti chilometri dall'aeroporto, ben collegata con il centro da numerosi ed economici(**) autobus, c'e' il centro della citta'.

Il biglietto di ingresso e' il ponte sul Nervion. Da cui e' possibile scorgere sulla destra, il Guggenheim. Ecco che in un battibaleno ci siamo precipitati fuori dal'autobus per andarlo a vedere da vicino. Una struttura ultramoderna (rivestita interamente in titanio) e faraonica, che tuttavia non deturpa visivamente il paesaggio fluviale, anzi ne evidenzia i contorni, rendendo un tutt'uno che difficilmente si puo' tralasciare dal soffermarsi almeno qualche minuto (anche per chi ha i minuti contati, come noi! :-P).

Per quanto si tratti di arte contemporanea, il museo offre una quantita' di opere ragguardevole. E poi, soffermandosi in giro per le varie stanze, non puo' non essere percepito il messaggio che trasmettono anche opere che all'apparenza potrebbero sembrare 'cose senza senso'. Magari il messaggio e' circoscritto ai nostri tempi, ma e' non meno importante di gallerie che sfoggiano opere di personaggi storici affermati visto che, anche se non lo sentiamo del tutto, la nostra epoca e' ricca di eventi che scriveranno la storia per chi verra' dopo di noi. Il muro di Berlino, la bomba atomica, il comunismo in Cina, l'America e la CIA: c'e' molto a riguardo e penso che ognuno di noi dovrebbe sforzarsi di ricercare, capire ed essere critico a riguardo. Lo dico perche' purtroppo sono argomenti pesanti - di cui spesso si evita di parlare - e, naturalmente, poco chiari per poter esprimere un giudizio. Ma avere un giudizio anche su questi eventi significa avere una storia dietro le spalle. Condizione necessaria per dare un senso alla propria esistenza.

Un altro aspetto che e' affiorato da questo tour e' il tema della condizione umana ai giorni nostri. Sono rimasto particolarmente colpito a tal proposito da alcune delle opere della collezione 'I want to believe' di Cai Guo-Qiang (che, in sostanza, e' stato l'artista, insieme a Takashi Murakami, sulle cui opere si e' incentrata la stagione artistica del museo). Due su tutte: 'Head on' e 'Reflection - A Gift from Iwaki'. Ma altrettanto suggestiva e' 'Innoportune: stage one', che illustra la sequenza di una piroletta di un'auto da ciascuna delle quali sprizzano fuori dei raggi che stanno ad indicare una esplosione. I critici dicono che il riferimento e' una chiara allusione all'attentato dell'11 settembre.

Anche nel caso delle prime due opere citate si tratta di installazioni. La prima e' un branco di lupi in cui ciascuno dopo una lunga rincorsa e un lungo salto si va a schiantare contro un muro invisibile. Qualcuno ci rimane secco. Gli altri tornano indietro e fanno un nuovo salto e un nuovo schianto. E ogni belva sbatte al 'muro' con una posizione diversa. Non so cosa possa volesse rappresentare l'artista con una simile scena, ma io sono rimasto shockato dalla visione e mi e' venuto in mente subito l'uomo e i suoi limiti insuperabili. Ma sicuramente molto altro si potrebbe aggiungere. La seconda e' il reperto di una gigantesca nave in legno cosparsa di ceramiche, per lo piu' piatti bianchi rotti. Quello che mi ha trasmesso quest'opera e' molto piu' vago. Ma estremamente sensazionale.

Tra le altre opere che ho ammirato con immenso piacere ci sono senz'altro 'Nude' di Amedeo Modigliani e 'Landscape with snow' di Vincent Van Gogh.

Finita la visita veloce a questo 'tempio dell'arte', abbiamo sfruttato le due ore che ci erano rimaste per un'altrettanta rapida visita della citta'. Bilbao e' una cittadina sobria che riesce a far convivere bene l'antico (palazzi ed edifici religiosi) e il moderno (Il Guggenheim ed una modernissima tramvia che attraversa le principali arterie della rete viaria cittadina). A coronamento di cio', c'e' uno spiccato senso del turismo (Ia valorizzazione del fiume, lungo il quale si sviluppano delle attraenti realta' urbane, e la presenza di punti di informazione lungo le vie della citta' su cui si puo' contare in qualsasi momento, in caso di necessita' per il turista).

Dato il poco tempo a disposizione, la 'tortilla de patatas' ce la siamo fatti mettere in mezzo ad uno sfilatino (ci e' entrata con molta difficolta', a dire il vero! :-O) e l'abbiamo mangiata lungo la strada per la fermata dell'autobus! E anche questa e' andata!

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