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Harry a pezzi

giovedì 15 luglio 2010

Sebbene Woody Allen sia uno dei miei attori preferiti, non ho visto poi tanti dei suoi film. Harry a pezzi (Deconstructing Harry) e' uno di quelli che ho visto (al momento, solo una dozzina di volte! :-0) e lo trovo una fotografia di una parte rilevante del suo modo di essere. L'amore per l'arte, l'ossesione del sesso e la sua alta capacita' introspettiva che si esprime al meglio sul lettino di uno psicoanalista, sono - in sintesi - i tre aspetti della sua personalita' su cui verte l'intera commedia.

C'e' il bello, il discutibile e il circospetto. Insomma, c'e' quello che in una persona puo' piacere, ma c'e' anche cio' che va deplorato. Eppure Woody Allen piace ed e' indiscutibilmente un genio dei nostri tempi.

E la sua genialita', piu' che in altri, la trovo espressa in questo film. E non mi scandalizza che questa opera possa essere un'autobiografia. Perche' gli aspetti di una personalita' accomunano tanti e tanti esseri umani dello stesso genere. E le perversioni di Harry - oltre ad essere un messaggio di protesta verso chi lo critica con ipocrisia - non sono altro che degli aspetti umani messi a nudo, con un'ironia propria di Woody Allen, e con una schiettezza che difficilmente si trova non solo nell'ambiente cinematografico, ma anche nella vita di tutti i giorni.

E' il modo di esporre queste inquadrature della sua personalita' che rendono i suoi film un modo unico di descrivere la natura umana. E diventa eccelso quando lo si inquadra in un contesto di contrapposizione alla critica bigotta - specialmente quella ebraica, avversa al suo modo di fare arte.

Il protagonista, Harry Block, e' uno scrittore che ad un certo punto della sua vita si trova a doversi confrontare con la sindrome del 'blocco dello scrittore' ovvero con la paura che lo attanaglia di aver perso la fantasia - strumento alla base del suo lavoro.

Scorrendo il film ci si rende conto che la causa della nevrosi di cui e' preda non e' altro che una conseguenza del particolare modo di essere di Harry. La sua condotta di vita, che trapela tra un atto del film e l'altro, come scene di vita (o di ricordi di vita) quotidiana oppure come scene dei suoi racconti con impronta maldestramente autobiografica, lo porta in un vortice la cui via d'uscita si rivelera' essere la riconciliazione con i personaggi frutto della sua creativita'.

Il film inizia con una scena che racconta le pagine dell'ultimo libro di Harry. Un libro autobiografico sugli intrecci del suo secondo matrimonio con Jane (nel libro Janet) nella casa di campagna del Connecticut. La scena si focalizza sulla sveltina tra Ken, il protagonista, e Leslie (che nella 'vita reale' e' Lucy, sorella di Jane).

La critica afferma che il film ha molti riferimenti alla fine del rapporto di Woody Allen con Mia Farrow - anche se Woody Allen ha sempre ribadito che si tratta di riferimenti casuali. E la casa del Connecticut citata nel film e' uno di questi riferimenti. Mia Farrow, infatti, possiede una casa di campagna nel Connecticut, a cui Woody Allen si e' ispirato per scrivere diversi dei suoi film.

Il film riprende con il ritorno alla 'vita reale'. Lucy, lasciata dal marito che ha avuto la certezza del tradimento della moglie dopo la pubblicazione del libro, raggiunge Harry a casa e comincia una sfuriata nei suoi confronti che mette in evidenza la ricaduta di Harry-uomo ma esaltano l'ascesa di Harry-scrittore, quasi a manifestare la relazione di inversa proporzionalita' che sussiste tra la riuscita nella professione e nella vita privata di un essere umano.

La scena e la sua interpretazione danno luogo a un sorriso soffocato da una stretta al petto, grazie alla veemente interpretazione di Judy Davis e al denso contenuto del rimbrotto di Lucy.

Lucy: Sei andato via due anni fa. Mi hai spezzato il cuore.
Lucy: Hai lasciato tua moglie e me per una 'cagnetta'. Me e Janet!
Harry: Jane. Janet è il personaggio del libro.
Lucy: Ora dopo due anni la tua ultima opera emerge da questa fogna di appartamento!
Lucy: Hai trasformato la nostra sofferenza in oro letterario!
Lucy: Tu causi infelicita'.
Lucy: Usando la tua schifosa alchimia, la trasformi in oro come un negromante!

Ma nel descrivere come Harry venga risucchiato in questo vortice, Woody Allen non tralascia la descrizione di situazioni particolari che caratterizzano questo malessere. La piu' emblematica delle quali e' la scena dell'attore fuori fuoco, interpretato da Robin Williams.

E' una metafora molto fine, che spesso - a riprova di cio' - e' stata richiamata per dare enfasi a situazioni reali. Ad esempio, su 'Il Fatto Quotidiano' di martedi' 29 settembre 2009, l'articolo 'Un partito senza' di Antonio Padellaro scrive: 'In un film di Woody Allen, 'Harry a pezzi', c'e' un regista che non riesce a capire come mai l'attore inquadrato in macchina risulti sempre sfuocato. Ma e' l'attore che non funziona, non la cinepresa. La stessa immagine sbiadita e fuori sincrono la sta dando di se' il PD...'.

E forse in questa scena c'e' la chiave di lettura del film. Lo psicoanalista usa questo aneddoto per spiegare ad Harry che, come l'attore fuori fuoco pretende che la sua famiglia si metta gli occhiali per essere visto come lui vuole, anche Harry 'si aspetta che il mondo si adegui alla stortura che lui e' diventato'.

All'inaspettato riconoscimento della vecchia universita' di Harry, che ha deciso di onorarlo, si contrappone il progressivo sgretolamento della sua vita privata. Finisce la relazione con Fay, sua giovane ammiratrice. Degenera il rapporto con la prima moglie Joan, che non gli affida il figlio Hilly per il giorno della cerimonia all'universita'. E' abbandonato in un primo tempo dall'amico Richard che decide di non accompagnarlo all'evento.

Nonostante tutto, alla fine, per la cerimonia Harry riesce a farsi supportare da Hilly (sottratto all'amica della madre Beth Kramer all'uscita della scuola), da Richard e Cookiee - la prostituta di colore con cui era stato la sera prima e che aveva assoldato per accompagnarlo.

Ma il tragitto in macchina verso l'Adair University si rivela drammatico. L'incontro virtuale con i suoi personaggi che lo rimproverano. La visita a casa della sorella Helen e la lite causata dall'ebraismo morboso di lei e dalla contrapposizione di Harry verso il loro padre. La morte di Richard in macchina. La cerimonia saltata a causa dell'arresto per rapimento, prostitute in auto in possesso di marijuana e possesso di arma da fuoco senza porto d'armi.

Dal carcere Harry viene tirato fuori da Fay e Larry - fresco marito e amico di Harry. Dopo vari dissensi, Harry stremato dalle avversita' accondiscende nel benedire il loro matrimonio.

In un momento di depressione quantomai profonda, tra sogno e realta', spunta il professore Wiggins che lo accompagna alla premiazione che era saltata il giorno prima. Ad attenderlo sul palco l'applauso di tutti i personaggi delle sue opere.

La confessione di Harry a seguito della commozione per l'inaspettata accoglienza, e' il messaggio del film. Imparare a vivere conoscendo se stessi. Accettarsi cosi' come si e' per liberarsi delle nevrosi e vivere meglio.

Harry assume maggiore consapevolezza anche dai messaggi dei propri personaggi:

Per me e' un personaggio interessante. Non funziona bene nella vita ma funziona solo nell'arte.
Questo e' triste, ma anche buffo.
E' ottimo come romanzo. I suoi libri sembrano tristi in superficie.
Mi piace smontarli perche' in fondo sono felici, ma lei non lo sa.

E forse questo rappresenta il segnale che egli finalmente ha imparato a riconoscersi e migliorare attraverso le sue creazioni. E in una serenita' ritrovata, riprende la sua passione di scrivere con un nuovo romanzo nel cui preambolo afferma 'che tutti conosciamo la stessa verita'. La nostra vita consiste in come scegliamo di distorcerla'.

In un contesto piu' generale, e' il modo in cui viene dosata l'arte nella nostra esistenza, tra professione e vita privata, a determinare le nostre inclinazioni. Tutto sta nel riconoscere l'arte che c'e' in noi, perche' l'arte e' il nostro rifugio ('...Solo la sua prosa era serena. In piu' di un'occasione gli aveva salvato la vita.').

L'eleganza del riccio

sabato 29 maggio 2010

Anche per questo libro, come per Gomorra, ho dovuto guardare il film prima di leggerlo. Ma c'e' una differenza sostanziale con Gomorra, perche' sono andato subito alla ricerca del libro da cui il film e' stato tratto, senza indugio.

Sia chiaro! Nessuna fretta di arrivare fino in fondo. Ma la brama (prima di iniziare a leggerlo) e il piacere (mentre lo leggevo) si e' manifestata nell'intensita' e la partecipazione che ho avvertito costantemente dal momento in cui ho visto il film fin quando ho completato la lettura.

Non e' stato un caso che la bramosia si sia trasformata in piacere. Questa opera della giovane scrittrice Muriel Barbery e' essenzialmente un omaggio all'Arte. E se c'e' qualcosa di veramente interessante che viene dipinto con molta chiarezza, e' come l'Arte sia il mezzo per l'essere umano affinche' si possa aggrappare all'eternita', sfuggendo alla bramosia che si materializza nella corsa incessante e vana di tutti i giorni, finalizzata alla realizzazione dei suoi progetti.

Il desiderio diventa croce e delizia della vita terrena. Oggi trasforma in una vittoria quello che ieri era sconfitta. E ci acceca davanti alla certezza che alla fine dei nostri giorni, tutti i castelli costruiti sono destinati a diventare polvere.

L'Arte, invece, e' la condizione a cui l'uomo dovrebbe aspirare. Provare piacere senza desiderarlo. E' il lato bello della realta' che astrae dall'inganno del tempo, che vanifica le gioie e le sofferenze dell'uomo relegato in una logica animalesca e incapace di far emergere l'emotivita' che lo distingue dalle bestie.

Muriel Barbery e' persuasa dal materializzare l'Arte con degli oggetti che esaltano il bello e il cui piacere visivo suscitato, prescinde dal tempo. Come le nature morte di Pieter Claesz. Ma anche e soprattutto con la camelia sul muschio. Un ornamento molto usato in Giappone.

Per arrivare ad esternare cio', e piu' in generale, il fascino della cultura giapponese, la scrittrice da' forma alla portinaia, Renee Michel, del condominio alto-borghese parigino al numero 7 di rue di Grenelle.

Renee si sforza di corrispondere allo stereotipo di portinaia. Ma nel tempo ha costruito la sua erudizione appartandosi nel suo rifugio, dove e' libera di gioire dei miracoli dell'Arte. Dal mio punto di vista, questa e' una perfetta metafora dei confini pressocche' netti del bisogno umano, che fuori da quell'antro diventano desideri. E in un certo qual modo, essendo madame Michel un personaggio per molti aspetti autobiografico, secondo il pensiero di Feuerbach (*), questo mostra una visione panteista della religione, da parte della scrittrice.

D'altra parte, la scrittrice ha un occhio critico anche per il pensiero marxista. Infatti, nell'incipit del libro, viene fatto riferimento a L'ideologia tedesca e a Tesi su Feuerbach in cui mi e' sembrato che venga sostenuto che l'opera di Marx non possa avere come risultato di imbavagliare l''hybris del desiderio' dell'uomo.

Mauriel Barbery descrive questo suo punto di vista in un dialogo tra Antoine Palliares, figlio di uno dei proprietari del condominio al numero 7 di rue de Grenelle, e Renee. Antoine racconta entusiasta di come il pensiero di Marx gli abbia aperto nuovi orizzonti. Ed e' gia' in questa situazione che Renee rischia di rivelare la sua dottrina, trovandosi sul punto di fare delle considerazioni sulle opere di Marx ('Chi semina desiderio raccoglie oppressione').

Il libro va avanti descrivendo la vita quotidiana di Renee e illustrando il suo pensiero su concetti come l'eternita'. Proprio a proposito dell'eternita' che sfugge, Renee mette in luce il fascino che prova per la cultura giapponese. E in questa occasione coglie una diversita' sostanziale nell'approccio alla vita che distingue gli occidentali dai giapponesi.

L'interesse per il Giappone e' uno degli aspetti che accomuna Renee all'altra protagonista del libro, Paloma, una bambina di 12 anni di famiglia ricca che vive nel condominio al numero 7 di rue de Grenelle. Paloma e' figlia di un deputato troppo preso dal suo lavoro e di una letterata con problemi di depressione, e sorella minore di Colombe, altezzoso e cinico personaggio che ben si adatta nel quadro di una tipica famiglia borghese.

Paloma ha la dote di una spiccata intelligenza che la porta ad avere una visione molto chiara della sua famiglia e a maturare la concezione della vacuita' dell'esistenza ('La gente crede di inseguire le stelle e finisce come un pesce rosso in una boccia'). Per questo decide di porre fine all'esistenza il giorno del suo tredicesimo compleanno. Fino ad allora si dedichera' ad annotare su un quaderno i suoi pensieri profondi.

Come conferma del fascino che la scrittrice prova verso la cultura giapponese, i pensieri profondi che Paloma annotera' saranno sintetizzati attraverso brevi poesie di tre o cinque versi. I giapponesi chiamano queste poesie 'hokku' e 'tanka' e possono avere un'espressivita' eccezionale. Come l'hokku che Paloma riporta quando illustra il suo piano di morte:

Con i gamberi
nei capanni da pesca
svariati grilli!

A sottolineare che sotto il tetto di un umile rifugio di pescatori ci possa essere molta piu' poesia di un appartamento parigino di quattrocento metri quadri, dove vive una famiglia borghese modello.

Prima di morire Paloma vuole anche dar fuoco all'appartamento dove vive con i suoi. Il tutto e' pianificato in modo che nessuno ci debba rimettere la pelle. Lo scopo e' di far soffrire i suoi familiari al fine di far capire loro il valore della sua presenza e cosa significa stare senza una casa ampia e da ricchi come quella della famiglia Josse.

La vita dei due personaggi scorre separatamente fino a quando non appare il personaggio chiave del romanzo, Kakuro Ozu. Monsieur Ozu e' un ricco Giapponese che va a vivere nel condominio di rue de Grenelle. Al primo incontro tra madame Michel e monsieur Ozu, la portinaia si lascia scappare l'incipit del celeberrimo romanzo Anna Karenina di Lev Tolstoj ('Tutte le famiglie felici sono simili tra loro'). Monsieur Ozu non ci mette piu' di tanto a completare la frase ('Ogni famiglia infelice e' infelice a modo suo').

Questa situazione fa andare in panico Renee, che si sente smascherata per la prima volta. Tuttavia, il caso vuole che monsieur Ozu viene a sapere da madame Rosen il nome del gatto di Renee, Lev. Questa e' una prova inconfutabile per Kakuro che dietro una insospettabile portinaia, si nasconde una persona con una cultura ben piu' marcata.

In seguito Kakuro incontra Paloma. Rimasti bloccati in ascensore per qualche minuto, i due hanno un breve dialogo in giapponese, che Paloma studia a scuola e di cui la signora Josse ha avuto modo di rifere a Kakuro. A Paloma salta subito all'occhio la chiarezza e la gentilezza di Kakuro, che si propone di correggere la pronuncia giapponese della bambina, piuttosto che - come normalmente accade per incontri casuali di questo tipo, limitarsi con una marcata dose di ipocrisia, facendo dei complimenti anche esagerati al principiante.

Il dialogo prosegue e Kakuro lo indirizza volutamente verso la portinaia. Paloma rimane affascinata da questa personalita' orientale e al contempo comincia ad incuriosirsi della figura di Renee. Una mattina, grazie alla tanto disdegnata sorella Colombe, Paloma bussa alla porta di Renee e da quell'incontro, non solo nasce un'amicizia, ma anche il cinismo di Renee comincia a dare i primi segni di cedimento.

Kakuro da' un seguito all'incontro fugace con la portinaia, facendole recapitare una copia molto wabi di Anna Karenina. Wabi e' un termine giapponese che significa 'forma nascosta del bello, qualita' di raffinatezza mascherata di rusticita'', e qui la scrittrice sembra intendere chiaramente di voler dare un'immagine all'Arte impersonandola in madame Michel.

Indefinite sensazioni affiorano in Renee che vengono eloquentemente descritte nella miriade di messaggi che tira fuori prima di scegliere la risposta all'omaggio di Kakuro. L'invito di Kakuro costituisce il risveglio di Renee. E la cena a casa di Kakuro suscita in me un 'piacere senza tempo'. Ogni dettaglio e' Arte. Dalla pittura olandese appesa ai muri, al Confutatis del Requiem di Mozart che parte in bagno quando si scarica l'acqua del gabinetto. E poi Tolstoj, rievocato oltre che dal nome del gatto di Renee, anche dal nome dei gatti di Kakuro, ovvero Kitty e Levin. E infine tanta cultura giapponese. Dalla cucina - lo zulo ramen, la gyoza e il sake', al cinema giapponese e al cineasta Yasujiro Ozu.

I monti di Kyoto paragonati al colore di un flan di azuki nel film Le sorelle Munekata, di Yasujiro Ozu, sono l'anello di congiunzione con il prossimo appuntamento tra Kakuro e Renee. Intanto, i rapporti tra i tre personaggi principali si intensificano e diventano piu' veri. Fino al terzo invito di Kakuro nei confronti di Renee, che avrebbe gran piacere di trascorrere insieme a lei la sera del suo compleanno.

Inspiegabilmente, alla presenza attonita di Paloma, Renee declina l'appuntamento. E da qui si sviluppa la scena piu' loquace di tutto il romanzo. Renee si sfoga in un pianto incontenibile, rivelando il trauma che la spinge ad evitare di infittire il rapporto con Kakuro. Si tratta del ricordo giovanile della sorella (Lisette) che e' stata prima sedotta da un giovane di buona famiglia e poi abbandonata. Cadendo poi in sventura, morendo subito dopo aver dato alla luce il frutto di quell'amore illusorio.

Lisette era bella quanto Renee intelligente. Renee pensava che Lisette era stata punita per aver usato la sua bellezza per uscire fuori dalla sua condizione sociale, a favore di una piu' agiata. Allo stesso modo, Renee pensava che se avesse usato il dono dell'intelligenza per entrare nella borghesia, il destino si sarebbe rivoltato anche contro di lei. E da qui la ricerca di nascondersi, sempre.

Paloma alla fine dello sfogo la tiene per mano. Renee sente dentro il sentimento di vera amicizia e di gratitudine, nonostante l'evidente asimmetria di eta'. Rafforzati dalla confessione di Paloma che comincia a credere che cambiare il destino sia possibile e dalla riconoscenza verso Renee perche' le ha restituito la speranza.

La speranza nasce dal fatto che Paloma capisce il perche' della sua sofferenza. Ovvero lo stare in una famiglia di persone malate, senza speranze per una guarigione futura. Per cui, il malessere di Paloma era da attribuirsi all'impossibilita' di fare del bene nel suo ambiente familiare. E tirannica sarebbe stata l'attuazione della sua idea di dar fuoco all'appartamento dei suoi e di togliersi la vita.

In fin dei conti la sua era una malattia. Ma con la differenza sostanziale con il resto dei Josse che la sua era curabile. E non c'era nulla di piu' giusto che affidarsi agli incontri felici che aveva da poco fatto, per redimersi da questo malessere.

In questo reciproco scambio di 'cure', materializzato in gesti di profondo amore, Madame Michel e la piccola Paloma si scoprono essere cosi' delle 'anime gemelle'.

Dopo lo sfogo, Renee supera le sue superstizioni e accetta l'invito a trascorrere con Kakuro la sera del suo compleanno. Kakuro, con magnanimita' e finezza che lo contraddistinguono, fa trovare un pacco con tutto l'occorrente sufficiente per agghirlandare Renee in una serata che si rivela speciale, e che regala forti emozioni reciproche che prescindono dall'effimero piacere fisico.

La serata termina con la sensazione mai provata prima da Renee, dello sguardo di un uomo che la fa finalmente sentire qualcuno, prendendole teneramente la mano e sorridendole con tutto il calore del mondo. Kakuro, infine, si congeda da questo sogno con una frase che sottolinea l'incertezza che il destino ci lascia: <<Possiamo essere amici. E anche tutto quello che vogliamo>>.

E' la pioggia d'estate che bagna le spalle sudate di Levin in Anna Karenina, mentre e' preso a falciare nei campi di Pokrovskoe, in aperta campagna russa, alla ricerca dell'oblio per la grossa delusione recata dal suo grande amore Kitty. Pioggia rinfrescante che presto si trasformera' in pioggia battente di novembre. Precursore della pioggia in entrambi i casi e' Gegene.

Gegene e' il barbone che Renee incontra spesso fuori dal condominio di rue de Grenelle. Una di quelle volte e' descritta all'inizio del romanzo. E' il periodo della morte di Pierre Arthens, della successiva vendita dell'appartamento di rue de Grenelle e dell'arrivo di Kakuro.

Nelle successive riflessioni Renee confessa che Gegene, con la sua 'redingote desueta' le ricorda un altro personaggio di Anna Karenina ovvero il commerciante subdolo Rjabinin che acquista un bosco da Stepan Oblonskij, con la mediazione di Levin.

In questo capitolo, Muriel Barbery omaggia un po' se stessa, descrivendo il miracolo delle frasi che si imprimono sulla carta e rivelano cose che non si sapevano e che non si sapeva di volere, e - aggiungerei tranquillamente anche quelle - cose che vagavano disordinatamente nel nostro inconscio. Filtrando dovutamente il narcisismo implicito in cio' che Muriel Barbery disegna sulle labbra del suo personaggio, trovo la cosa estremamente emozionante, in totale condivisione con la dissertazione completa di Renee riportata nel romanzo.

L'altra volta in cui la scrittrice cita Gegene e' all'indomani del compleanno di Kakuro. Gegene quella mattina barcolla in mezzo alla strada semivuota. Renee si lancia a soccorrerlo ma viene investita dal camioncino della tintoria da dove ha 'rubato' gli abiti per i primi due appuntamenti con Kakuro. Questo e' il modo per dire quanto il destino possa essere imprevedibile. Ma anche quanto il destino sia misterioso, lasciando dei punti interrogativi su quello che Kakuro si sarebbe potuto rivelare fuori da quelle tre settimane che ha frequentato Renee.

E, infine, quanto il destino sia anche burlone, grottesco, volendolo vedere con un occhio benevolo. Cinquantaquattro anni (quelli di Renee) di passione, tre settimane di 'strizzacuore' culminata nella gioia piu' grande, e poi il buio eterno. Ma l'unico modo e' trovare la forza di autocommiserarsi - se ci verra' data questa possibilita' - come fa Renee nella sua 'riflessione' negli istanti dopo l'incidente.

D'altra parte, come un messaggio che l'autrice vuole sottolineare a gran voce perche' ognuno di noi possa dare piu' dignita' alla propria vita, bisogna tenere in mente le parole che Paloma dice a Renee 'L'importante non e' morire, ma cosa si fa al momento in cui si sta per morire'.

Riporto delle frasi che hanno fatto suonare il campanello della mia attenzione, senza nessuna intenzione di togliere importanza alle rimanenti parti del libro, e che anzi valuto molto positivamente:


  • pag. 17: "La gente crede di inseguire le stelle e finisce come un pesce rosso in una boccia."
  • pag. 26: "Che cos'e' un'aristocratica? E' una donna che, sebbene circondata da volgarita', non ne viene sfiorata."
  • pag. 90: "Riguardo la nostra discendenza, la contempliamo con occhio nuovo e inorridito perche', senza gli abiti dell'altruismo, l'atto della riproduzione appare profondamente fuori luogo."
  • pag. 108: "Vivere, morire: sono solo le conseguenze di cio' che abbiamo costruito. Quello che conta e' costruire bene."
  • pag. 118: "Quando le righe diventano demiurghe di se' stesse, quando assisto, come un miracolo insaputo, alla nascita sulla carta di frasi che sfuggono alla mia volonta' e che si imprimono sul foglio mio malgrado, esse mi fanno conoscere quello non sapevo ne' credevo di volere, gioisco di questo parto indolore, di questa evidenza non calcolata, e del fatto che seguo senza fatica, ne' certezza, con la felicita' delle meraviglie sincere, una penna che mi guida e mi porta.
    Allora accedo, nella piena padronanza di me stessa, ad un oblio che confina con l'estasi e assaporo la beata quiete di una spettatrice.
    "
  • pag. 123: "In realta' temiamo il domani solo perche' non sappiamo costruire il presente, e quando non sappiamo costruire il presente ci illudiamo che saremo capaci di farlo domani, e rimaniamo fregati perche' domani finisce sempre per diventare oggi, non so se ho reso l'idea."
  • pag. 163: "Ecco cosa volevo dire con la parola gentilezza, questo modo di fare che da' all'altro la sensazione di esserci."
  • pag. 195: "Le grandi opere sono forme visive che raggiungono in noi l'evidenza di un'adeguatezza senza tempo."
  • pag. 227: "Poi, come le lacrime, che sono talvolta tonde, abbondanti e compassionevoli, si lasciano dietro una lunga spiaggia lavata dalla discordia, cosi' la pioggia estiva, spazzando via la polvere immobile, e' per l'anima degli esseri come un respiro infinito."

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